Il regime totalitario di Stalin

stalin_culto

Rivoluzione russa

Il regime totalitario di Stalin

La morte di Lenin e la lotta tra Stalin e Trotzkij.

Il 21 gennaio 1924 Lenin, già ammalato da tempo, morì a Gorki presso Mosca. La sua morte scatenò uno scontro durissimo per la “successione” che si sviluppò tra il 1924 e il 1927 dentro e fuori il partito, nelle piazze e sui giornali, tra Stalin (pseudonimo di Iosif Vissarionovič Džugašvili) e Lev Trotzkij.

La “rivoluzione permanente”

Trotzkij sosteneva la necessità di compiere ogni sforzo per favorire lo scoppio della rivoluzione in Europa, pena il fallimento della rivoluzione in Russia (Teoria della “rivoluzione permanente”), troppo arretrata e isolata per potersi avviare verso il socialismo. Solo lo scoppio della rivoluzione nei paesi europei avrebbe consentito al potere sovietico di sopravvivere e di accelerare il passaggio dalla fase democratico-borghese della rivoluzione a quella socialista.

Il socialismo in un paese solo

Stalin sosteneva invece che occorreva rinunciare all’esportazione immediata della rivoluzione in Europa e mirare all’edificazione del socialismo in Russia (“socialismo in un paese solo”). 

Infatti, sosteneva, la rivoluzione in Europa era per il momento fallita e non sembravano esserci prospettive immediate di un suo sviluppo. 

Occorreva quindi mobilitare tutte le energie, anche quelle dei partiti comunisti degli altri paesi, per la difesa della Russia, “patria” del socialismo. Stalin prevalse e presto si sbarazzò di Trotzkij. In seguito riuscì a eliminare anche l’opposizione di Nikolaj Ivanovič Bucharin, altro prestigioso leader del partito, e via via di molti dei leader bolscevichi.

Collettivizzazione e piani quinquennali.

Abrogata la NEP, Stalin diede inizio alla collettivizzazione delle campagne e alla soppressione dei kulaki (contadini ricchi). Inoltre, avviò un processo di industrializzazione a tappe forzate, mediante i cosiddetti piani quinquennali.

Il primo piano quinquennale (1928-32) fece compiere un grande balzo in avanti all’industria russa, specie a quelle metalmeccanica, dell’acciaio ed estrattiva (industria pesante). 

Negli anni ’30 la crescita industriale fu imponente ma a questo sviluppo fecero da contrappeso le carestie (1931 e 1933), la qualità scadente dei prodotti dell’industria, la povertà dei contadini, la penuria dei beni di consumo.

Culto della personalità e ritorno all’ordine.

Mentre da un lato si instaurava uno spietato regime autoritario e repressivo, dall’altro la propaganda tesseva le lodi del dittatore, trasformandone l’immagine in quella di un semidio, attraverso il cosiddetto “culto della personalità”. Con il regime totalitario di Stalin ci fu una sorta di “ritorno all’ordine”. Gli sforzi dei lavoratori furono esaltati e premiati: nel 1935 il minatore Aleksej Grigor′evič Stachanov riuscì ad aumentare di quattordici volte la produttività della sua squadra di lavoro. Ne derivò, a livello propagandistico, lo “stachanovismo“, movimento volto ad accrescere la produttività operaia, anche tramite l’introduzione di incentivi per i lavoratori. Inoltre, si riportò la disciplina nella scuola, si esaltò di nuovo il concetto di patria (l’URSS patria del socialismo), si reintrodusse il culto delle tradizioni, degli eroi, degli scrittori della vecchia Russia.

Le “purghe staliniane” e l’assassinio di Trotsky

trotsky-picconeL’assassinio di Sergej Mironovič Kirov, segretario del partito a Leningrado, diede a Stalin l’occasione per avviare una serie di epurazioni (le “purghe”).

In particolare, tra il 1936 e il 1939 si svolsero vari processi contro veri o presunti nemici del regime e quasi tutti i vecchi dirigenti del partito, protagonisti della rivoluzione bolscevica, furono eliminati: scomparvero Zinovev, Kamenev, Bucharin, Ordzonikidze, Jagoda, Tuchacevskij e molti altri.

La repressione colpì molti generali e ufficiali dell’esercito e gli intellettuali. Il 21 agosto 1940 Ramòn Mercader, un sicario inviato dall’NKVD, che sotto falso nome aveva cominciato a frequentare la casa di Trotzkij, grazie alla relazione con la sua segretaria, lo uccise colpendolo al capo con una piccozza.

La persecuzione dei “nemici del popolo” e i gulag

Gli oppositori del regime furono perseguitati come “nemici del popolo” dalla polizia politica (NKVD), eliminati, incarcerati o internati nei gulag, dalla sigla GULag (Glavnoe upravlenie lagerej, Direzione centrale dei lager), campi di prigionia e di lavoro forzato. Quale sia il numero di persone che vi sono state recluse e di vittime è difficile dirlo con precisione. In ogni caso si trattò di decine di milioni di internati e di diversi milioni di morti.

Nel 1936 fu promulgata una nuova Costituzione, apparentemente più democratica e meno radicale di quella del 1924. Furono formalmente riconosciuti a tutti gli stessi diritti, compreso quello di voto, ed erano ammesse la libertà di coscienza, di parola, di stampa, di riunione. In realtà al Partito comunista, ormai strumento passivo nelle mani di Stalin, era assicurata una preminenza assoluta su ogni altra istituzione statale e non era prevista nessuna forma d’opposizione.

 

 

 

Print Friendly, PDF & Email