Le “correnti” risorgimentali.

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RisorgimentoLe “correnti” risorgimentali.

Al fallimento dei moti organizzati dalle sette segrete, come la Carboneria, furono date risposte diverse. I protagonisti del Risorgimento avevano in comune l’obiettivo dell’unità d’Italia e la sua liberazione dallo straniero, ma si dividevano di fronte ai mezzi con cui conseguirla e a quali dovessero essere le caratteristiche dell’Italia unita. 

 

I liberali

Il termine “liberali” indicava coloro che sostenevano il diritto alle libertà politiche, civili, religiose ed economiche. Queste libertà dovevano essere stabilite e garantite da un parlamento di cittadini eletti dal popolo. Secondo i liberali anche i sovrani dovevano essere sottomessi alla legge. Una parte dei liberali pensava a una monarchia costituzionale, mentre una minoranza pensava a uno stato repubblicano. Alcuni liberali chiedevano il suffragio universale mentre altri volevano riservare il diritto di voto ai cittadini più ricchi e istruiti (suffragio censitario). Si affermarono i principi di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli, secondo cui ogni nazione aveva diritto a un proprio Stato indipendente, in contrasto con l’assetto determinato dal Congresso di Vienna e dalla Santa Alleanza.

Anche in Italia tra i liberali si delinearono due orientamenti fondamentali: quello dei democratici, che puntavano sull’insurrezione popolare come mezzo e sulla repubblica democratica come fine; quello dei liberali moderati, che puntarono sull’azione dei sovrani e su moderate riforme. All’interno dei due schieramenti vi fu poi chi voleva creare uno Stato unitario e chi invece pensava a una federazione di Stati.

I democratici

Giuseppe Mazzini

RMazziniimproverava alla Carboneria la mancanza di una visione nazionale, la fiducia nei sovrani locali o stranieri, l’eccessiva segretezza, la mancanza di una linea politica chiara, lo scarso coinvolgimento popolare. Secondo Mazzini, che nel luglio del 1831 fondò la Giovine Italia, bisognava rivolgersi a tutti gli Italiani con un programma chiaro e pubblicizzato con ogni mezzo, per sviluppare nel popolo una nuova coscienza, come premessa per l’azione insurrezionale (“pensiero e azione”). L’obiettivo era quello di fare dell’Italia una nazione unita, indipendente, libera e padrona del suo destino, di fondare una repubblica democratica basata sul suffragio universale e di lottare per un sistema sociale più equo.

 

Carlo Cattaneo.

Cattaneo

Carlo Cattaneo, fondò e diresse per molti anni la rivista “Il Politecnico”, che si occupò di una molteplicità di temi, da quelli economici e scientifici a quelli letterari e umanistici. Convinto che il progresso della società fosse requisito indispensabile per il rinnovamento politico, egli pensava che in Italia si potesse realizzare una federazione di repubbliche, sul modello degli Stati Uniti e della Svizzera. Alle tesi unitarie di Mazzini egli contrapponeva l’esigenza di salvaguardare le caratteristiche storiche ed economiche delle singole regioni. 

 

Liberali moderati

Vincenzo Gioberti

(Del primato morale e civile degli Italiani, 1843)

Gioberti

Vincenzo Gioberti (1801-1852) tentò di conciliare la causa dell’indipendenza con il cattolicesimo. La Chiesa doveva compiere un’opera di rinnovamento e di modernizzazione, riconciliandosi con i principi di libertà e di progresso. Escludendo la rivoluzione violenta occorreva trovare una soluzione pacifica, che rendesse il papato artefice dell’unità nazionale. Gioberti pensava a una confederazione di tutti i principi italiani sotto la presidenza del pontefice (neoguelfismo).

 

Cesare Balbo

Secondo Cesare Balbo (1789-1853) era necessario muovere guerra all’Austria, inducendola ad abbandonare l’Italia per dirottare le proprie mire espansive verso il Danubio e i Balcani, dove l’impero turco si mostrava sempre più debole. Era perciò necessario puntare sull’azione di Carlo Alberto, sovrano dell’unico Stato dotato di un esercito sufficientemente forte. Anche Balbo mirava a una federazione nell’ambito della quale però doveva essere riservata al papato una funzione moderatrice e al Piemonte un compito preminente.

Massimo D’Azeglio

Il torinese Massimo D’Azeglio (1798-1866) riteneva inutili le rivoluzioni, e sollecitava gli Italiani a confidare in Carlo Alberto, il solo sovrano disposto a combattere contro l’Austria.

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