Neutralisti e interventisti (I guerra mondiale)

interventisti e neutralisti

Prima guerra mondiale

Neutralisti e interventisti. 

Il 3 agosto 1914 il governo di Antonio Salandra aveva dichiarato la neutralità dell’Italia, perché l’Austria non l’aveva consultata e perché il trattato della Triplice Alleanza aveva carattere prevalentemente difensivo. Nel periodo di neutralità in Italia si sviluppò un intenso dibattito politico tra interventisti e neutralisti. 

Neutralisti.

Contrari all’intervento in guerra furono gli industriali che producevano per l’esportazione, i quali miravano a realizzare grossi profitti procurando a entrambi i campi belligeranti forniture belliche. Questo settore trovava espressione nelle posizioni politiche dei liberali giolittiani e nel loro principale organo, La Stampa di Torino. 

Giolitti riteneva che, per quanto riguardava le terre irredente, “molto si sarebbe potuto ottenere senza guerra”, cioè attraverso negoziati con l’Austria, in cambio della neutralità italiana. Tra l’altro egli era convinto che la guerra sarebbe durata a lungo e che l’Italia non fosse militarmente preparata ad affrontarla.

Inoltre, era contraria all’intervento in guerra e pacifista la Chiesa cattolica, sotto il pontificato di Benedetto XV, anche per i suoi stretti legami con la cattolica Austria.

Infine, all’entrata in guerra si oppose il Partito socialista, la cui maggioranza vedeva la guerra come una inutile strage. Il PSI fu l’unico partito socialista della II Internazionale a opporsi al conflitto, pur con un sostanziale immobilismo che si espresse nella formula “né aderire né sabotare”. 

Interventisti.

interventisti e neutralistiL’intervento a fianco dell’Intesa era voluto dai settori dell’industria che aspiravano ai superprofitti di guerra e a liberarsi del capitale tedesco in Italia.

Di essi erano portavoce i liberal-conservatori (come Salandra, capo del governo, e Sonnino, ministro degli Esteri) e il Corriere della Sera di Luigi Albertini. 

I Nazionalisti, i futuristi e Gabriele D’Annunzio sostennero con forza l’intervento in guerra dell’Italia, scagliandosi con violenza contro gli esponenti politici neutralisti, come Giolitti, e furono protagonisti di un’accesa campagna a favore dell’intervento a fianco dell’Intesa.

 

interventisti e neutralistiBenito Mussolini nel novembre 1914 passò dal campo neutralista a quello interventista-nazionalista e fu espulso dal P.S.I. 

In nome dell’eredità risorgimentale erano interventisti anche molti repubblicani, sindacalisti rivoluzionari e gli irredentisti capeggiati da Cesare Battisti.

Infine, i socialisti riformisti di Bissolati e quanti videro nella guerra condotta dall’Intesa la difesa della democrazia e delle nazionalità oppresse dall’assolutismo reazionario.

 

Il Patto di Londra. 

Sidney Sonnino, Ministro degli affari esteri, tentò di trattare con l’Austria per ottenere compensi territoriali in Trentino in cambio del mantenimento della neutralità italiana. Ma l’Austria non fu disposta a fare concessioni se non nell’aprile del 1915, cioè dopo il fallimento dell’offensiva invernale contro la Russia nei Carpazi e della guerra-lampo a occidente. 

A questo punto però l’Italia aveva iniziato (dal marzo 1915) le trattative segrete con l’Intesa, che si conclusero il 26 aprile 1915 con la sottoscrizione del Patto di Londra. In base ad esso l’Italia si impegnava a entrare in guerra a fianco dell’Intesa entro un mese. Secondo il Patto, in caso di vittoria l’Italia avrebbe ottenuto il Trentino e l’Alto Adige fino al Brennero, Trieste, l’Istria e metà della Dalmazia e delle isole costiere. 

Il 9 maggio Giolitti, all’oscuro del patto, giunse a Roma sperando di raccogliere intorno a sé la maggioranza parlamentare neutralista perché sconfessasse col suo voto l’operato del governo Salandra. Questi decise il 13 maggio 1915 rassegnò le dimissioni senza attendere il voto in Parlamento. Dopo un periodo di consultazioni, il re respinse le dimissioni di Salandra (16 maggio) e convocò la Camera dei Deputati che appoggiò, esclusi i socialisti, la richiesta di “poteri straordinari in caso di guerra”.

interventisti e neutralistiIl 24 maggio l’Italia dichiarava guerra all’Austria-Ungheria.

La decisione di entrare in guerra fu alla fine presa dal Re, che continuava a mantenere un forte controllo della politica militare ed estera. 

Benché Giolitti possedesse la maggioranza dei consensi in Parlamento, alla fine decise di non provocare un pericoloso contrasto con la monarchia (che voleva la guerra). Una volta ritiratosi Giolitti la strada era aperta per Salandra, Sonnino e gli altri interventisti.

 

 

 

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