Voltaire, Fanatismo e tolleranza

Voltaire

Voltaire, Fanatismo e tolleranza

Voltaire, Fanatismo

(Da Dizionario Filosofico)

Secondo Voltaire il fanatismo è una sorta di delirio di cui l’uomo può facilmente essere preda, che può spingere fino a uccidere, a compiere vere e proprie stragi come quella parigina della notte di san Bartolomeo. La filosofia, cioè un modo pacato e sereno di riflettere sulle cose del mondo, può contribuire efficacemente a tranquillizzare gli animi, curando questa virulenta malattia.


Il fanatismo sta alla superstizione come il delirio alla febbre, come le furie alla collera. Chi ha delle estasi, delle visioni, chi scambia i sogni Voltaireper la realtà, e le immaginazioni per profezie, è un entusiasta; chi sostiene la propria follia con l’omicidio è un fanatico. Juan Diaz, ritiratosi a Norimberga, fermamente convinto che il papa fosse l’Anticristo dell’Apocalisse e che avesse addosso il segno della Bestia, era soltanto un entusiasta; suo fratello Bartolomeo Diaz, che partì da Roma per andare ad assassinare santamente il proprio fratello, e lo uccise per amore di Dio, era uno dei più abominevoli fanatici che mai la superstizione abbia potuto produrre.

Poliuto, che va al tempio, in un giorno di solennità, per rovesciare e infrangere le statue e i paramenti, è un fanatico meno orribile di Diaz, ma non meno sciocco. Gli assassini del duca Francesco di Guisa, di Guglielmo principe d’Orange, del re Enrico III, del re Enrico IV, e tanti altri, erano energumeni malati della stessa rabbia di Diaz.

Il più disgustoso esempio di fanatismo è quello dei borghesi di Parigi che, la notte di san Bartolomeo, corsero ad assassinare, sgozzare, buttar giù dalle finestre, fare a pezzi i loro concittadini che non andavano a messa.

Esistono fanatici di sangue freddo: sono i giudici che condannano a morte coloro che non hanno commesso altro crimine che quello di non pensarla come loro; e questi giudici sono tanto più colpevoli, tanto più degni dell’esecrazione del genere umano, in quanto, non trovandosi in un accesso di furore come i Clément, i Chatel, i Ravaillac, i Gérard, i Damiens, potrebbero, ci sembra, ascoltare la ragione.

Una volta che il fanatismo ha incancrenito il cervello, la malattia è quasi incurabile. Ho visto certi epilettici che, parlando dei miracoli di san Paride, a poco a poco, loro malgrado, prendevano fuoco; gli occhi si infiammavano, le loro membra tremavano, il furore sfigurava loro il viso, e avrebbero ammazzato chiunque li avesse contraddetti.

A questa malattia epidemica non c’è altro rimedio che lo spirito filosofico, il quale, man mano diffondendosi, addolcirà finalmente i costumi degli uomini, prevenendo gli accessi del male: perché, non appena questo male fa dei progressi, bisogna correr via, e aspettare che l’aria si sia purificata. Le leggi e la religione non bastano contro questa peste degli animi; la religione, invece di essere per loro un alimento salutare, si tramuta in veleno nei cervelli infetti. Questi miserabili hanno continuamente fitto in capo l’esempio di Aod, che assassina re Eglon; di Giuditta, che taglia la testa di Oloferne, dopo aver giaciuto con lui; di Samuele, che fa a pezzi re Agag. Non vedono che questi esempi, rispettabili nell’antichità, sono abominevoli oggi; essi attingono il loro furore nella stessa religione che lo condanna.

Le leggi sono ancora impotenti contro questi accessi di furore; è come se leggeste un decreto del consiglio a un frenetico. Quella gente è persuasa che lo spirito santo che li pervade stia al di sopra delle leggi, e che il loro fanatismo sia la sola legge cui debbano ubbidire.

Che cosa rispondere a un uomo il quale vi dice che preferisce ubbidire a Dio che agli uomini e che, di conseguenza, è sicuro di meritare il cielo sgozzandovi?

Di solito sono le canaglie a guidare i fanatici e a mettere loro in mano il pugnale; somigliano a quel Vecchio della Montagna che faceva, si dice, gustare le gioie del paradiso a certi imbecilli, e prometteva loro un’eternità di quei piaceri di cui avevano avuto un assaggio, a condizione che andassero ad assassinare tutti coloro che egli avesse indicato.

C’è stata al mondo una sola religione che non sia stata insozzata da fanatismo: quella dei letterati cinesi. Le sette dei filosofi non solo erano esenti da questa peste, ma ne erano il rimedio: perché l’effetto della filosofia è di rendere tranquillo l’animo, e il fanatismo è incompatibile con la tranquillità.

Se la nostra santa religione è stata tanto spesso corrotta da questo furore infernale, bisogna prendersela con la pazzia degli uomini.

Analisi del testo

Voltaire analizza le caratteristiche del fanatismo, considerandolo come una pericolosa forma di follia che spinge gli uomini fino all’omicidio di chi considerano un eretico, un nemico della vera fede. Il fanatismo può colpire “a caldo”, come nella notte di San Bartolomeo, con la strage di ugonotti perpetrata dai cattolici di Parigi, o “a freddo”, attraverso le condanne a morte comminate da giudici fanatici. Spesso i fanatici sono manipolati da uomini disonesti, che li utilizzano per i propri fini. Poco possono fare la religione e le leggi per curare la malattia del fanatismo, perché il fanatico non intende ragioni: l’unico strumento è la filosofia, che induce gli animi e le menti alla serenità e alla pacatezza.

Esercizi

  1. Il fanatismo è più grave o meno grave della superstizione? Perché?
  2. Quali sono gli esempi di fanatismo cui Voltaire fa riferimento?
  3. Quando il fanatismo ha incancrenito un cervello è quasi incurabile. Qual è l’unico rimedio possibile?
  4. Le leggi e la religione non bastano contro il fanatismo. Perché?
  5. Da chi sono guidati i fanatici?
  6. Quale differenza individua Voltaire tra filosofia e religione?

 

Voltaire, Gli uomini sono fratelli

Nel Trattato sulla tolleranza Voltaire esprime in modo chiaro le tesi del deismo:

Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell’immensità e impercettibili al resto dell’universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura.

Fa’ sì che questi errori non generino la nostra sventura.

Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fa’ che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa’ sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati “uomini” non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.

Fa’ in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.

Fa’ che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo, e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano “grandezza” e “ricchezza”, e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c’è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi.

Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli!

Voltaire (François-Marie Arouet)

Voltaire, pseudonimo di François-Marie Arouet, (Parigi 1694-1778), nelle Lettere filosofiche (1733) si scaglia contro il fanatismo e l’intolleranza religiosa in Francia, identificata con il cristianesimo e con la Chiesa. Nel Candido o l’ottimismo (1759) Voltaire critica la filosofia ottimistica, in particolare di Leibniz. Nel mondo sono presenti sia il male che il bene, e bisogna cercare di migliorarlo, per quel che possiamo. Questa visione di Voltaire si basa su una concezione deistica: Dio esiste, ma non prende parte alle vicende storiche dell’uomo, e la sua esistenza non è un dato di fede, ma di ragione. Il bene e il male dell’uomo esprimono ciò che è utile o dannoso per la società. Dalla storia emerge il progresso dell’umanità, cioè il progressivo rischiararsi della ragione attraverso i suoi continui tentativi di liberarsi dai pregiudizi e dalla superstizione. 

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