Giovanni Giolitti dal 1901 al 1914

Giovanni Giolitti

dal 1901 al 1914

 

Età giolittiana(Mondovì, 27 ottobre 1842 – Cavour, 17 luglio 1928)

Dopo una breve esperienza come Primo Ministro e la partecipazione al governo Zanardelli (15 febbraio 1901 – 3 novembre 1903) come Ministro degli Interni, il 3 novembre 1903 Giolitti divenne capo del governo. Egli tentò un coinvolgimento del Partito Socialista, rivolgendosi direttamente a un “consigliere” socialista, Filippo Turati, che avrebbe voluto come suo ministro (Turati però rifiutò anche in seguito alle pressioni della corrente massimalista del PSI).

 

Nei confronti delle agitazioni sociali il presidente del Consiglio mutò radicalmente tattica rispetto alle tragiche repressioni dei governi precedenti, che avevano temuto che le agitazioni operaie fossero mosse da un intento sovversivo e avevano represso gli scioperi. Secondo Giolitti lo Stato doveva assumere un atteggiamento neutrale e di mediazione, limitandosi alla tutela dell’ordine pubblico.

Inoltre, Giolitti fece approvare norme a tutela del lavoro (in particolare infantile e femminile), sulla vecchiaia, sull’invalidità e sugli infortuni, sollecitò i prefetti a usare maggiore tolleranza nei confronti degli scioperi apolitici, fece ammettere alle gare d’appalto le cooperative cattoliche e socialiste, varò la nazionalizzazione delle ferrovie, promosse lo sviluppo economico attraverso la stabilità monetaria e i lavori pubblici.

Dopo la breve parentesi dei governi di Alessandro Fortis e di Sidney Sonnino, nel maggio 1906 Giolitti insediò il suo terzo gabinetto, durante il quale continuò la politica economica già avviata nel suo secondo governo. In campo finanziario l’operazione principale fu la conversione della rendita, cioè la sostituzione dei titoli di stato a tassi fissi in scadenza (con cedola al 5%) con altri a tassi inferiori (prima il 3,75% e poi il 3,5%). Furono inoltre introdotte alcune leggi volte a tutelare il lavoro femminile e infantile con nuovi limiti di orario (12 ore) e di età (12 anni). La maggioranza approvò, inoltre, leggi speciali per le regioni del Mezzogiorno, che diedero buoni risultati, pur no riuscendo a colmare il divario tra Nord e Sud.

Il buon andamento economico e l’oculata gestione del bilancio consentirono una forte stabilità monetaria, favorita dalle rimesse che gli emigranti italiani inviavano ai propri parenti rimasti in patria. Il triennio 1906-1909 è ricordato come il periodo nel quale “la lira faceva aggio sull’oro”.

Nel 1909 si tennero le elezioni, da cui uscì una maggioranza giolittiana. Nonostante ciò, Giolitti lasciò che fosse nominato presidente del consiglio Sidney Sonnino, di tendenze conservatrici, che fu costretto alle dimissioni dopo soli tre mesi. Gli successe Luigi Luzzatti, giolittiano.

Il quarto governo Giolitti durò dal 30 marzo 1911 al 21 marzo 1914. Nacque come tentativo di coinvolgere al governo il Partito Socialista, che votò a favore. Il programma prevedeva la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita e l’introduzione del suffragio universale maschile, progetti di considerevole significato “sociale”, entrambi immediatamente realizzati.

Il presidente del Consiglio spinse, inoltre, la maggioranza ad approvare il provvedimento che prevedeva un’indennità mensile per i deputati, che all’epoca non avevano alcun tipo di retribuzione.

Spinto dalle crescenti pressioni delle correnti politiche nazionaliste, nel settembre 1911 Giolitti diede inizio alla conquista della Libia ma la guerra si prolungò oltre le aspettative e richiese l’impiego di quasi mezzo milione di uomini. Il conflitto, inoltre, favorì il prevalere, nel partito socialista, della fazione massimalista guidata da Benito Mussolini e mise fine alla collaborazione tra i riformisti e Giolitti.

Nel 1913 si realizzò un patto elettorale tra gruppi di cattolici moderati e singoli deputati liberali legati a Giovanni Giolitti, in occasione delle prime elezioni tenutesi con sistema maggioritario, a suffragio maschile pressoché universale. Per i moderati liberali si trattava di assicurarsi l’appoggio dei cattolici, ormai ritenuto importante per contrastare l’avanzata dell’opposizione. L’Unione elettorale, presieduta da Vincenzo Gentiloni stabilì il programma politico cui i candidati liberali avrebbero dovuto aderire per ottenere l’appoggio cattolico.

Alle elezioni dell’ottobre 1913 la maggioranza governativa subì una notevole riduzione, mentre i socialisti e i radicali aumentarono nettamente il numero dei seggi.

Il sovrano conferì l’incarico di formare il nuovo governo ad Antonio Salandra, che pochi mesi dopo, con il Patto di Londra, impegnò l’Italia nella prima guerra mondiale senza informare non solo il Parlamento, ma nemmeno i membri del governo, con l’eccezione del suo ministro degli Esteri Sonnino.

 

 

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