Dal centrosinistra all’assassinio di Moro

agguato via Fani

Dal centrosinistra all’assassinio di Moro

I governi di centro-sinistra.

moro nenni saragat

Nacquero così i primi governi di centrosinistra basati su accordi politici tra DC, PSI, PSDI e PRI. Amintore Fanfani formò un governo (1962-63) con l’appoggio parlamentare dei socialisti.

Nel 1963 Aldo Moro formò il primo governo organico di centrosinistra, con la partecipazione diretta dei socialisti, tra cui il segretario del PSI Pietro Nenni.

Moro rimase al potere fino al 1968, fortemente contrastato non solo dai comunisti, ma anche dalle forze conservatrici, interne ed esterne al suo partito, e dai neofascisti. Nel 1964 il generale De Lorenzo progettò persino una svolta reazionaria, da mettersi in atto con mezzi militari (piano Solo). 

Tra le riforme dei governi di centrosinistra vi furono:

  • la nazionalizzazione dell’industria elettrica;
  • la scuola media unificata che introduceva pari opportunità per tutti;
  • la programmazione economica.

Inoltre, all’inizio degli anni Settanta fu approvato l’ordinamento regionale, fu varato lo Statuto dei lavoratori (1970) e fu approvata la legge che introduceva il divorzio.

Il Sessantotto 

68A partire dalla fine del 1967 vi fu nel paese un’ondata di contestazione politica e sociale, prevalentemente operaia e studentesca, che si estese all’anno seguente, dando origine a quello che venne chiamato il “Sessantotto” (vedi approfondimento). Anche il 1969 fu un periodo di aspre lotte sociali e di continue contestazioni studentesche (autunno caldo). Con la sconfitta elettorale socialista alle elezioni del 19 maggio 1968, l’asse politico del paese si spostò a destra, mentre a sinistra il Partito comunista continuò ad aumentare i suoi consensi e nacque la cosiddetta sinistra extraparlamentare.

 

Gli “anni di piombo”

Nel 1969, con la strage di Piazza Fontana, si aprì la “strategia della tensione” che puntava a contrastare le lotte operaie e studentesche. Gli “anni di piombo”, che vanno dalla fine degli anni ’60 ai primi anni ’80,  sono caratterizzati dalla lotta armata condotta da formazioni terroristiche di destra e sinistra.

Le organizzazioni terroristiche di destra (NAR, Ordine nuovo, Ordine nero, Avanguardia nazionale) furono artefici della strategia della tensione, con attentati e stragi: di Piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969), di Piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974), del treno Italicus (4 agosto 1974), della stazione di Bologna (2 agosto 1980). Nelle file del terrorismo di destra vi fu l’infiltrazione di corpi “deviati” dello Stato, per favorire la nascita di un regime autoritario. 

Una parte dei leader politici emersi nel ’68 diede vita a organizzazioni terroristiche, tra le quali emersero in particolare le Brigate rosse (fondate nel 1970). Il terrorismo rosso mirò a colpire personalità del “regime”: magistrati, dirigenti d’azienda, giornalisti, uomini politici, militari e poliziotti, attraverso sequestri di persona, ferimenti e omicidi.

All’inizio degli anni ’70 iniziò una fase di instabilità politica. Dopo le elezioni anticipate del 7 maggio 1972 si formò un governo guidato da Giulio Andreotti, seguito da due governi guidati da Mariano Rumor, che adottarono provvedimenti per combattere l’inflazione e gli effetti della crisi energetica causata dalla guerra arabo-israeliana (1973). 

Nell’autunno del 1973 il segretario del PCI Enrico Berlinguer propose il “compromesso storico” tra comunisti, socialisti e democristiani che avrebbe dovuto portare alla formazione di un governo in grado di combattere le spinte eversive e aprire un processo riformatore.  L’interlocutore privilegiato di Berlinguer nella DC fu Aldo Moro, che ritenne fosse giunto il momento di dare al paese un nuovo corso politico, ma le resistenze all’interno del suo partito furono forti.

I governi di “solidarietà nazionale” e il rapimento di Moro

Le elezioni amministrative del 1975 e le politiche del 1976 videro una significativa avanzata del PCI. Un governo monocolore DC guidato da Andreotti si resse sulla “non sfiducia” non solo dei tradizionali alleati, ma anche del Partito comunista che, di fronte alla grave crisi economica e alla sfida del terrorismo, scelse la via della collaborazione. Nel novembre 1977 i comunisti chiesero la costituzione di un governo di unità nazionale composto da tutti i partiti dell’arco costituzionale. 

Nel 1978, mentre si stava formando un nuovo governo monocolore presieduto da Andreotti con l’appoggio del PCI, detto di “solidarietà nazionale”, Aldo Moro fu rapito dalle Brigate rosse e cinque agenti della sua scorta furono uccisi (16 marzo 1978). Durante la prigionia, che si concluse tragicamente con l’assassinio di Moro (9 maggio), forze politiche e opinione pubblica si divisero sull’atteggiamento da tenere. La DC e il PCI esclusero ogni trattativa con i terroristi, mentre i socialisti e altre forze minori come i radicali, sostennero la necessità di trattare per salvare la vita dell’ostaggio. 

L’elezione a presidente della Repubblica del socialista Sandro Pertini (8 luglio 1978) contribuì a mantenere unito il paese in uno dei momenti più difficili della sua storia.

La vicenda Moro segnò l’inizio della crisi del terrorismo, colpito da una più efficace azione repressiva, ma anche la fine dell’esperienza del governo di solidarietà nazionale: il PCI uscì dalla maggioranza provocando la caduta del governo Andreotti. 

 

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