L’ emigrazione italiana
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Espatri dalle regioni italiane 1876 – 1900 – Totale espatriati = 5.257.830
fonte: Centro studi emigrazione – Roma 1978
Espatri dalle regioni italiane 1901 – 1915 – Totale espatriati = 8.768.680
fonte: Centro studi emigrazione – Roma 1978
Espatri dalle regioni italiane 1916 – 1942 – Totale espatriati = 4.355.240
fonte: Centro studi emigrazione – Roma 1978
Espatri dalle regioni italiane 1946 – 1961 – Totale espatriati = 4.452.200
fonte: Centro studi emigrazione – Roma 1978
Emigrazione italiana 1876 – 1976
Regioni a maggiore emigrazione
America 1904: italiani arrestati per omicidio
Noi italiani eravamo allora il 4,7% della popolazione.
(fonte: Colajanni Napoleone, La criminalità italiana negli Stati Uniti d’America, Bollettino dell’Emigrazione, n. 4, Ministero degli esteri, Roma 1910)
Usa 1908: immigrati in cella per reati gravi
(fonte: Colajanni Napoleone, La criminalità italiana negli Stati Uniti d’America, Bollettino dell’Emigrazione, n. 4, Ministero degli esteri, Roma 1910)
Assassini dopo due bicchieri
Scriveva il New York Times il 14-5-1909: “L’Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti. […] Il criminale italiano è una persona tesa, eccitabile, è di temperamento agitato quando è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo stiletto. […] Di regola, i criminali italiani non sono ladri o rapinatori – sono accoltellatori e assassini”. Uno stereotipo odioso. Ma è vero che nel 1881, ad esempio, furono compiuti in Italia 16,8 omicidi ogni 100.000 abitanti. Una media spaventosamente più alta di quella di oggi: 1,34. La violenza era particolarmente radicata in Sicilia (46,9 omicidi ogni 100.000 abitanti) e in Sardegna (32,5) ma anche molte aree dell’Italia centro-settentrionale erano sconvolte da un numero impressionante di omicidi: 10,6 ogni 100.000 in Toscana (con una punta di 12,8 a Lucca), 12 in Emilia, 10,5 in Piemonte.
Sacco e Vanzetti, i capri espiatori
Nella foto, gli anarchici Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Pugliese il primo, piemontese il secondo, furono arrestati il 5 maggio 1920 con l’accusa di avere commesso una sanguinosa rapina. Le prove, in realtà, erano piuttosto fragili per non dire inesistenti e il loro processo, parte di una durissima campagna repressiva contro la “sovversione” voluta dal presidente Woodrow Wilson e venato di una profonda xenofobia, scatenò reazioni in tutto il mondo. Al punto di far dire a Vanzetti subito dopo la lettura della sentenza di condanna a morte “Mai vivendo l’intera esistenza avremmo potuto sperare di fare cosi tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione tra gli uomini”. Furono giustiziati il 23 agosto 1927. Per essere riabilitati avrebbero dovuto attendere il 1977.
Una bomba a Wall Street
Il 16 settembre 1920 scoppia una bomba a Wall Street, che produce una spaventosa esplosione, 39 morti e 200 feriti. È il più sanguinoso attentato mai avvenuto a New York, prima dell’11 settembre 2001. Si pensa che a commetterlo sia stato l’italiano Mario Buda, che intanto è fuggito. Lui, considerato l’inventore dell’autobomba, negherà ogni addebito fino alla morte, nel 1963.
Alpi, 1946: disperati in fila nella neve
Nella fotografia tratta da una rivista francese del 1946 conservata al “Corriere della Sera”, un gruppo di emigranti italiani percorre in fila indiana un sentiero di alta montagna, già coperto dalla prima neve, per passare in Francia. Spiega la storica italo-francese Simonetta Tombaccini nel saggio La frontière bafouée che nell’immediato dopoguerra le autorità francesi fermavano (poi c’erano quelli che riuscivano a sfuggire ai controlli) almeno un’ottantina di immigrati clandestini al giorno solo sui monti dietro Ventimiglia. Tanto che furono costrette ad aprire un centro d’accoglienza che Nice Matin descriveva così: “Un immondo casermone dove le camere offrono come confort un po’ di paglia umida, vento gelido garantito a tutti i piani, vetri alle finestre serviti come obiettivi a tutte le artiglierie del mondo“. Fonte: “Il Corriere della Sera”
Italiani? Di origine abissina
Nella foto, Giuseppe Sergi, uno dei grandi antropologi italiani (il più famoso fu Cesare Lombroso) di fine Ottocento. Fu lui, con Luigi Pigorini, a teorizzare che l’Italia era stata colonizzata in tempi antichissimi da una popolazione africana, probabilmente abissina.
Furono proprio i loro studi, secondo la studiosa francese Bénedicte Deschamps, a confermare gli xenofobi americani nella loro convinzione che gli italiani fossero una razza “per metà bianca e per metà negra”.
Sopra arii, sotto negroidi
Il rapporto della Commissione sull’immigrazione americana, nel Dictionary of Races and Peoples, stabilì a cavallo degli Anni Venti del Novecento, con demente “scientificità”, che “tutti gli abitanti della penisola propriamente detta così come le isole della Sicilia e della Sardegna […] sono italiani del Sud. Anche Genova fa parte dell’Italia del Sud”. La linea di “frontiera” tra “arii” e “negroidi” era, secondo gli xenofobi più convinti, il 45° parallelo nord, posto a metà strada tra il Polo Nord e l’Equatore.