L’età dell’ imperialismo

Imperialismo

L’età dell’imperialismo

 

La grande depressione

Mentre dal 1849 al 1873 si era verificato un forte sviluppo economico improntato ai principi del liberismo, dal 1873 al 1895 l’economia entrò in una crisi di sovrapproduzione. L’offerta crescente delle merci non era assorbita dalla domanda dei mercati interni. Questo periodo è stato definito “grande depressione”. Dopo il 1896 la crisi fu superata attraverso tre fattori: una crescente concentrazione economica, la conquista imperialista delle colonie e dei loro mercati, il passaggio da una politica economica liberista a una protezionista.

I monopoli e i cartelli

Uno dei tratti più caratteristici del capitalismo nella seconda metà dell’Ottocento fu costituito dalla grande crescita del settore industriale e dal rapidissimo processo di concentrazione economica. La dimensione delle aziende crebbe, in particolare nei settori dell’industria pesante, che richiedevano un elevato impiego di macchine e di nuove tecnologie produttive molto costose. I nuovi macchinari permettevano di produrre grandi quantità di merce, ma solo le imprese maggiori erano in grado di acquistarli, grazie anche allo sviluppo del sistema bancario. La concorrenza tra le imprese si fece più aspra e nei settori che necessitavano di capitali ingenti (ad es. acciaierie, miniere, ferrovie) le piccole imprese non sopravvissero: alcune fallirono, altre si fusero tra loro per formarne una più grande o furono assorbite da aziende maggiori. 

Nacquero i trust e i cartelli: il primo termine indica coalizioni di imprese che si fondono insieme sotto un’unica direzione, al fine di ridurre i costi di produzione, battere la concorrenza e controllare il mercato; il secondo indica accordi tra imprese dello stesso settore per controllare i prezzi e la ripartizione delle quote di mercato. 

In contrasto con la teoria della libera concorrenza, alcuni settori produttivi furono controllati da pochi grandi gruppi industriali che furono denominati oligopoli. Poche grandi imprese si accordavano tra loro per dominare il mercato e in taluni casi, anche una sola poteva giungere a controllare l’intera produzione in un determinato settore, conseguendo una situazione di monopolio, con la possibilità di decidere i prezzi dei beni venduti. 

Contro lo strapotere dei grandi gruppi economici furono varate in alcuni paesi leggi antimonopolistiche. I monopoli e i cartelli spesso tenevano artificialmente alti i prezzi delle merci. Inoltre, i grandi gruppi potevano (e possono) far leva sulla propria ricchezza e influenza per condizionare la politica dei paesi, ottenendo vantaggi da parte dei governi.

Nuove potenze si affacciano

Con la Seconda rivoluzione industriale finì il primato inglese in campo industriale, in seguito allo sviluppo economico di nuovi paesi, in primo luogo della Germania, la cui crescita accelerò notevolmente dopo l’unificazione politica (1870). Alla fine dell’Ottocento, tuttavia, la crescita impetuosa dell’economia statunitense lasciò già intravedere la perdita del primato dell’Europa nell’economia mondiale a vantaggio degli Stati Uniti.

Imperialismo

L’imperialismo nel suo significato più generale non è una novità dell’Ottocento: esempi classici del passato furono l’impero di Alessandro Magno e quello romano. Tra il XV e il XIX secolo, inoltre, in seguito alle esplorazioni geografiche, molti stati europei fondarono imperi coloniali in Asia, Africa e America. 

Il termine “imperialismo” indica in generale la tendenza all’espansione territoriale di uno Stato a spese di altri, sui quali stabilire il proprio dominio e costruire in tal modo un impero. 

In un senso più specifico, il periodo che va dal 1880 alla Prima guerra mondiale è stato definito “età dell’imperialismo” ed è caratterizzato dalla rapida conquista di nuovi territori e di nuovi mercati da parte delle grandi potenze europee e dallo svilupparsi di ideologie nazionaliste e razziste che ne giustificavano il dominio. 

A partire dal 1880 le nazioni più industrializzate come Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Giappone imposero il loro controllo sulle aree più arretrate, ma ricche di materie prime: Africa, parte dell’Asia, America centro-meridionale, Australia, Canada. 

Anche nei secoli precedenti alcuni Stati avevano imposto il loro dominio su territori extra-europei, ma si era trattato spesso di un colonialismo di tipo mercantile, che mirava al controllo di porti, scali e punti strategici. 

Negli ultimi due decenni dell’Ottocento le grandi potenze procedettero invece alla conquista territoriale di interi continenti e alla creazione di grandi imperi coloniali.

I principali domini coloniali

Nel corso dell’Ottocento, la Gran Bretagna ampliò i suoi possedimenti coloniali fino all’occupazione di quasi tre quarti delle terre emerse (in Africa, Asia, India, Australia e Nuova Zelanda), sottraendo la direzione politica delle colonie alle compagnie private e attribuendola direttamente allo Stato. L’altra grande protagonista ottocentesca della storia coloniale fu la Francia che, durante il dominio di Napoleone III, creò un nuovo impero, rigidamente controllato dalla madrepatria, con la conquista dell’Algeria nel 1830, l’espansione verso il Senegal, il Marocco e l’Africa centro-orientale e la conquista negli anni Sessanta dell’Indocina e delle isole della Polinesia.

Gli ultimi trent’anni dell’Ottocento videro il consolidamento degli imperi britannico e francese e l’ascesa di nuovi attori quali la Germania, che conquistò l’Africa centro-meridionale (dal Camerun all’attuale Namibia) e l’Italia che ottenne l’Eritrea e la Somalia e poi, nel Novecento, la Libia (1912) e l’Etiopia (1935). La Russia zarista si mosse in direzione della Siberia, dell’Afghanistan e dei Balcani. Gli Stati Uniti tra Otto e Novecento si orientarono verso l’America Latina e l’Oceano Pacifico; il Giappone verso il Pacifico e la Cina.

Imperialismo

colonialismo

 

 

 

La decolonizzazione

La competizione imperialistica diede luogo ad aspre tensioni, il cui aggravarsi fu una delle cause della Prima guerra mondiale. Alla fine della guerra, la Germania sconfitta perse buona parte dei propri possedimenti coloniali. Dopo la Seconda guerra mondiale anche gli altri imperi coloniali si dissolsero: Germania, Italia e Giappone ne furono private in quanto potenze sconfitte, ma neppure Francia e Gran Bretagna riuscirono a conservarli a lungo. Iniziò infatti il processo di decolonizzazione, che portò negli anni Sessanta e Settanta, al tramonto del colonialismo e alla creazione di un grande numero di nuovi stati nazionali. Il dominio occidentale proseguì, tuttavia, attraverso forme meno dirette di influenza economica, politica e militare.

 

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