M. Buber Neumann, I morti e i sopravvissuti

Prigioniera

M. Buber Neumann, I morti e i sopravvissuti – Capitolo ottavo

Margarete Buber Neumann, Prigioniera di Stalin e di Hitler

 

Nella sartoria, che faceva parte del cosiddetto «complesso industriale di Dachau», più di 400 donne sedute alla macchine da cucire confezionano uniformi per le SS. Solo le sartorie occupavano nel complesso circa 3000 prigioniere. Questa manodopera schiavizzata cominciò ad essere alloggiata direttamente sul posto di lavoro. Nel locale il rumore delle macchine è assordante e il minimo errore delle operaie viene punito con violenza dai sorveglianti delle SS. Margarete si trova in difficoltà nel raggiungere le previste “quote” di produzione e spesso rompe gli aghi e il filo. Alcune compagne la aiutano ad evitare le dure punizioni, facendo una parte del lavoro per lei. Il caporeparto SS Binder prova un particolare gusto nel picchiare con violenza le prigioniere. Gli allarmi aerei notturni ricevono un’accoglienza entusiasta, perché permettono una pausa dal lavoro. Tra i sorveglianti, solo l’ufficiale ungherese delle SS Seipel non usa metodi violenti ed è per questo molto apprezzato dalle operaie, ma ritenuto inadeguato dalle autorità, che lo spediscono al fronte. La comunista tedesca Maria Wiedmeier, che ha un innato senso del dovere e del lavoro, è particolarmente apprezzata dalle SS per la sua precisione e per lo scrupolo con cui dirige la sua colonna di prigioniere. [“Schiave alla catena di montaggio”.]

Margarete viene spostata alla distribuzione di fili e bottoni. Mentre la guerra volge a sfavore della Germania, e le sorti del regime sembrano segnate, le condizioni delle prigioniere nel campo peggiorano di giorno in giorno, tanto che non si contano le decedute. Il servizio di pompe funebri viene abolito e le prigioniere morte vengono direttamente portate al forno crematorio. Nel corso dell’inverno la salute di Milena peggiora irrimediabilmente. Viene operata a un rene e sembra riprendersi ma poi le sue condizioni si fanno disperate e muore, il 17 maggio 1944. La sua morte rappresenta per Margarete un durissimo colpo. [“La fine di Milena”.]

Il 10 giugno si diffonde la notizia dello sbarco in Normandia, ma Margarete non ne gioisce, perché abbattuta per la morte di Milena. Suo cognato Bernhard inizia a inviarle ogni mese una lettera e un pacchettino, per ridarle speranza, coraggio e voglia di vivere. I pacchettini riservano sempre sorprese e messaggi in codice incoraggianti, che rianimano Grete e le sue compagne. Da gennaio del 1945 il servizio postale smette di funzionare. L’arrivo di centinaia di donne evacuate da Varsavia dà il colpo di grazia alla già tragica situazione del campo e le nuove arrivate ne sono le principali vittime. Le condizioni abitative e igieniche divengono tremende e il campo di Ravensbrück è ormai allo sbando. [“Il mondo là fuori”.]

Margarete viene promossa nell’ufficio della sartoria, con il compito di mantenere in ordine lo schedario delle prigioniere-operaie. Molte donne le chiedono, pur prive di certificato, di inserirle tra le malate e Margarete le accontenta, ma la lista delle malate viene controllata e alcune delle prigioniere prive di certificato vengono punite, mentre il direttore Graf non sospetta che Margarete sia coinvolta. Nell’autunno del 1944 Margarete si ammala di foruncolosi e viene curata dalla giovane cecoslovacca studentessa di medicina Inka. Le due donne diventano amiche, nonostante Inka faccia parte del gruppo delle comuniste, che le intimano di troncare i rapporti con la “trockista”. Le condizioni di Margarete si aggravano, ma Inka la cura e riesce a guarirla. La giovane viene espulsa dal Partito. Alla fine del gennaio 1945 l’ufficiale della Gestapo Ramdor viene tratto in arresto dalle SS. [“In infermeria, ad un passo dalla morte”.]

Le sorti della guerra volgono al peggio per i Tedeschi e le SS sono ogni giorno più preoccupate, ma scaricano la tensione infierendo sulle prigioniere. L’avanzata del fronte russo costringe i nazisti ad evacuare Auschwitz, così arrivano a Ravensbrück migliaia di prigioniere stremate. Nel campo si intensifica l’azione di sterminio e viene costruito un secondo forno crematorio, che lavora a pieno ritmo. [“Il massacro continua”.]

Le comuniste tedesche erano odiate al pari delle SS, in quanto tedesche. A dispetto delle migliaia di oppositori politici tedeschi al nazismo, si affermava la tesi di una colpa collettiva del popolo tedesco. Eppure Stalin aveva firmato il patto di non aggressione e consegnato migliaia di prigionieri politici tedeschi ai nazisti. Un giorno la Croce rossa svedese scarica molti pacchi con viveri e altri beni. Le SS si appropriano di una parte, ma il resto basta per le prigioniere del campo. Vengono inoltre liberate le prigioniere francesi. Un sabato di marzo vengono liberate le prigioniere norvegesi. Il lavoro è sospeso a causa della mancanza di elettricità, anche se il direttore Graf confida ancora in una ripresa dell’attività, a seguito dell’uso di una miracolosa arma segreta che ribalterà le sorti del conflitto. Il 21 aprile viene convocata una parte delle prigioniere tedesche e cecoslovacche, per essere rilasciate. Anche Margarete e la sua amica Lotte sono nella lista, ma quest’ultima non può presentarsi all’appello perché fermata da una sorvegliante che la spedisce al lavoro. Il 21 aprile 1945 il «dipartimento politico» rilascia alle detenute un certificato che attesta il loro rilascio, con l’obbligo di presentarsi tre giorni dopo al più vicino distretto di zona della Gestapo. Le donne vengono scortate fuori dal portone dall’ispettrice generale Binz. [“Gli ultimi giorni di Ravensbrück”.]

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