M. Buber Neumann, Prologo alla tragedia

Prigioniera

Prologo alla tragedia – Capitolo primo.

> Margarete Buber Neumann, Prigioniera di Stalin e di Hitler

 

La notte tra il 27 e il 28 aprile Heinz Neumann, compagno di Margarete Buber Neumann, viene arrestato nel cuore della notte da agenti della NKVD. Il 30 aprile Margarete si reca inutilmente a cercarlo presso la Lubianka. [“Si vive più felici”]

Margarete, come molte mogli, si reca quotidianamente a cercare il marito, finché un giorno le dicono che si trova rinchiuso alla Lubianka, e lei versa 50 rubli per lui. Margarete continua a intrattenere rapporti con amici, che però via via vengono arrestati. Non tutte le donne erano solidali con i rispettivi mariti, infatti alcune li tradivano, giurando fedeltà a Stalin. [“I dimenticati”]

Già molto tempo prima dell’arresto, all’inizio del 1932, Heinz Neumann aveva subito un progressivo processo di emarginazione, per presunte “deviazioni politiche”. Il controllo da parte della NKVD si era fatto sempre più stringente. [“I reietti”]

Margarete vive in condizioni di miseria. Tornata alla Lubianka le dicono che suo marito non è lì e affiora in lei il dubbio che sia stato giustiziato. Tenta di espatriare ma il permesso le viene negato, così non le resta che attendere con rassegnazione l’inevitabile arresto. [“Viva fino a nuovo ordine”]

Dopo l’arresto Margarete viene condotta alla Lubianka. Qui, dopo un’umiliante perquisizione corporale, viene rinchiusa in una cella assieme ad altre donne arrestate, tra cui una giovane studentessa e un’anziana socialrivoluzionaria. Viene poi prelevata e caricata su un “corvo nero”, un furgone mimetizzato. [“In stato d’arresto”]

Trasferita alla Butirka, Margarete viene rinchiusa nella sovraffollata cella numero 31 (ospita 110 detenute, mentre sarebbe destinata a ospitarne 25). Le condizioni della cella sono tremende, ma le donne riescono in qualche modo a sopravvivere, grazie alla solidarietà e allo spirito di iniziativa. Riescono infatti a ricavare aghi dai fiammiferi e a cucire vestiti. [“Cella numero 31”.]

Le detenute russe rifiutano ogni critica al regime e proclamano la loro devozione al Partito. Un caso emblematico è quello di Katja Semjonova che, pur non essendo membro del Partito, lo difende da qualsiasi accusa e pur dichiarando se stessa innocente e di essere vittima di una “congiura trockista”, non è disposta a credere all’innocenza delle altre recluse. Dichiara che gli arresti dovrebbero essere più numerosi e che non è importante se qualche innocente viene arrestato, perché “Non si fa una frittata senza rompere le uova!”. Margarete riporta un analogo caso di accecamento ideologico, quello dell’operaio comunista tedesco Erich Schmidt, costretto a emigrare in Russia dopo l’ascesa di Hitler. Condannato al lager in Siberia, tentò più volte di dimostrare la propria fedeltà al partito e aprì gli occhi solo molti anni dopo, quando corse il rischio di essere nuovamente arrestato. [“Gli accecati”.]

La capo-cella georgiana Tasso Salpeter racconta a Margarete di essere stata la moglie di una guardia del corpo di Stalin. Dopo l’arresto di Jagoda, commissario del popolo per le questioni interne e capo della G.P.U., il marito ne aveva ereditato l’appartamento. Poco tempo dopo la coppia era stata arrestata e la donna, nei ripetuti interrogatori, era stata accusata di aver preteso la rimozione di un ritratto di Stalin da una stanza. Lei aveva negato, fin quando era stato condotto il marito, in pietose condizioni, che aveva riconosciuto l’accusa. Di tanto in tanto le recluse sono costrette a subire la temuta perquisizione (obysk). Quando questa veniva annunciata, esse si liberavano in gran fretta degli oggetti proibiti che in qualche modo si erano procurate. Franziska Levent-Levith era stata arrestata assieme al marito, che faceva parte del servizio segreto russo, poco dopo il rientro in Russia dall’Inghilterra. Tra lo sconcerto delle altre detenute dichiara di essere vittima di una macchinazione. [“Destini femminili”.]

Margarete trascorre un mese alla Butirka senza sapere di che cosa sia accusata e impara a sopravvivere nelle dure condizioni di reclusione. Un momento molto atteso da tutte le detenute era quello degli acquisti di generi alimentari e di biancheria, una parte dei quali veniva distribuito a chi era senza denaro. Alla Butirka Margarete festeggia il suo primo compleanno da reclusa, e le altre detenute, su iniziativa della cappella Tasso, le organizzano un “banchetto”. Tuttavia vengono sorprese e punite dalla sorvegliante con il divieto della passeggiata per otto giorni. Gli interrogatori si susseguono e le donne concordano un metodo per comunicarsi l’entità delle condanne. Un giorno giunge una giovane prigioniera che dopo aver trascorso un periodo in Siberia era stata liberata per buona condotta ma poi in seguito era stata di nuovo arrestata perché aveva cercato di espatriare. La donna, un’insegnante, viene prelevata e, irriconoscibile, riportata dopo due settimane trascorse in cella d’isolamento. [“Giorno di compleanno”.]

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