Malattie infettive, epidemie, pandemie

epidemie

Malattie infettive, epidemie, pandemie.

>>> Le epidemie nella storia. Dalla peste al coronavirus

Epidemia/pandemia

I termini epidemia e pandemia indicano entrambi la diffusione di malattie infettive. Entrambi derivano dal greco: ἐπιδήμιος ovveroche è nel popolo”; πανδήμιος ovvero “di tutto il popolo”. Mentre l’epidemia indica la rapida diffusione di una malattia contagiosa in un territorio più o meno vasto, la pandemia è un’epidemia che tende a diffondersi ovunque nel mondo, con la contemporanea presenza di numerose sorgenti dell’infezione e che presenta caratteri di particolare virulenza e contagiosità.

Il coronavirus, o Covid-19 come è stato ribattezzato, mercoledì 11 marzo 2020 è diventato una pandemia. Dopo lo scoppio dell’epidemia in Cina nella regione dell’Hubei, con epicentro nella città di Wuhan, il contagio nel giro di poche settimane si è diffuso in tutto il mondo, spingendo appunto l’Oms a dichiarare ufficialmente la pandemia. Non è tanto la gravità della malattia a decretare la pandemia, quanto la sua diffusione e la sua rapidità.

Più persone vengono in contatto con altre, più si spostano sul territorio, più e facile che il virus passi di organismo in organismo infettando molti individui. La situazione è complicata dal fatto che è possibile che alcune persone possono contrarre il virus senza sintomi e che, inconsapevoli di averlo, possano trasmetterlo ad altri. Certamente, in un mondo globalizzato, con una notevolissima e rapida mobilità (ad esempio a bordo di aerei) i virus possono facilmente spostarsi da continente a continente.

Una malattia si considera invece endemica quando l’agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo.

Epidemie e pandemie nella storia

Le epidemie e le pandemie accompagnano da sempre la storia umana, almeno fin da quando si sono create comunità di una certa densità e con una certa mobilità, che hanno creato i presupposti per la diffusione di malattie epidemiche, capaci di colpire in breve tempo molti individui. Alcune di esse, spesso collegate a situazioni di crisi, a carestie, a guerre, a migrazioni.

Malattie contagiose come la peste, il vaiolo, la sifilide, il colera, la tubercolosi e la pandemia influenzale del 1918-19, hanno fortemente contribuito a cambiare la storia dell’umanità per i loro effetti demografici, economici e sociali, determinando profonde trasformazioni e conseguenze di lunga durata. Alle tradizionali malattie infettive di carattere epidemico si sono affiancate negli ultimi 30 anni nuove malattie infettive “emergenti”. Tra queste l’AIDS, l’infezione da virus Ebola, la SARS, l’influenza aviaria da virus A/H5N1 e l’influenza suina da virus A/N1N1. Infine ora il COVID19, noto come Corona virus.

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La peste

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https://www.focus.it/cultura/storia/quante-persone-morirono-davvero-per-la-peste-nera

La peste di Atene e la peste di Giustiniano

Nel 430 a.C., nel secondo anno della guerra del Peloponneso fra Atene e Sparta scoppiò un’epidemia di origine incerta, detta poi «peste di Atene», che provocò la morte di un terzo della popolazione. Secondo alcuni storici non fu la peste a colpire Atene: svariate sono le ipotesi avanzate, tra cui quelle che si trattasse  di epidemie di tifo o, secondo altri, di vaiolo. Lo storico Tucidide ne descrisse le tragiche conseguenze. La «peste di Giustiniano» in soli due anni (541-542) provocò un calo della popolazione del 25% nell’impero bizantino. Costantinopoli perdette trecentomila abitanti. Iniziò allora anche in Oriente il declino delle città che in Occidente era già in corso da un secolo e che caratterizzò l’inizio del Medioevo.

La peste nera del 1300

La più grande pandemia di peste della storia fu quella del 1348 (chiamata “la morte nera”), che contagiò tutti i paesi Europei. Originatasi nelle steppe centro-asiatiche, l’epidemia di peste colpì nel 1333 la Cina (che perse più di un quarto degli abitanti). Essa giunse in Medio Oriente, poi raggiunse il Mediterraneo e l’Europa. Il 1348 fu l’anno della massima diffusione del morbo. Di tutte le epidemie della storia questa fu la più atroce: si calcola che fra il 1347 e 1351 abbia ucciso in Europa circa un terzo degli abitanti. Nel 1953, dopo aver infettato tutta l’Europa, i focolai della malattia si ridussero fino a esaurirsi. L’epidemia di peste, che colpì Firenze, costituisce la cornice del Decameron di Giovanni Boccaccio.

L’impatto della peste in Europa ebbe conseguenze psicologiche, economiche e culturali. Si sgretolarono i rapporti sociali e familiari. In un clima di isteria collettiva si cercarono i «colpevoli» del contagio (solitamente fra gli emarginati, i diversi, gli stranieri e gli ebrei). Cominciò a scarseggiare la manodopera, così i lavoratori (contadini, operai, artigiani) ottennero migliori condizioni di lavoro e salari più alti. Divenne più aspro l’antagonismo fra ricchi e poveri il malcontento sociale favorì l’esplosione in rivolte disperate come il tumulto dei Ciompi a Firenze e le jacqueries in Francia.

Dopo la prima grande epidemia, la peste si ripresentò a ondate ricorrenti per tutta la seconda metà del Trecento, e poi ancora, in aree meno estese e con più lunghi intervalli di tempo, fino al XVIII secolo. Tra il 1347 e il 1480 la peste colpì le maggiori città europee a intervalli di circa 6-12 anni. A partire dal 1480 la frequenza iniziò a diminuire, con un’epidemia ogni 15-20 anni. Una delle ultime fasi di recrudescenza colpì duramente l’Italia settentrionale fra il 1629 e il 1633, durante la Guerra dei Trent’anni: è quella narrata da Alessandro Manzoni nei Promessi sposi. Una grande epidemia di peste colpì Londra tra il 1665 e il 1666, causando la morte di un numero di persone compreso tra i 75000 e 100000, più di un quinto della popolazione. L’ultima grande epidemia in Europa fu quella che nel 1720 interessò Marsiglia, dove morì quasi il 50% della popolazione.

La peste è una malattia infettiva causata dal batterio Yersinia pestis, solitamente ospite delle pulci dei topi e di altri roditori. Ci sono due differenti tipi di peste: la peste bubbonica e la peste polmonare. La prima si trasmette attraverso le pulci infette e viene chiamata bubbonica perché causa l’ingrossamento delle ghiandole linfatiche (bubboni). La seconda si trasmette per via aerea da uomo a uomo e ha un tasso di mortalità molto elevato (circa l’80%). Un’epidemia può uccidere grandi quantità di roditori e le pulci, in cerca di nuovi ospiti, si trasmettono anche agli esseri umani, diffondendo la malattia. Tuttavia, secondo alcuni scienziati il “motore” principale della pandemia fu la scarsissima igiene personale che vigeva nel Medioevo.

La peste è presente ancora oggi in molte parti del mondo, anche in alcune regioni dei paesi industrializzati. Basti pensare che tra il 2010 e il 2015 sono morte di peste circa 600 persone su 3500 contagiati, principalmente in Madagascar, Namibia, Libia e India. I vettori, nei casi moderni, sono proprio i roditori infetti e le pulci (Xenopsylla cheopis) che li infestano.

La lebbra

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La lebbra fu il flagello del mondo medievale. A partire dalle pianure dell’India, ritenute il luogo di origine, la lebbra si diffuse lentamente a ondate successive nel Vicino Oriente e in Egitto. Si estese poi a tutto il Mediterraneo sulle vie marittime dei commerci e nell’Europa centrale, dove rimase endemica per secoli. Le invasioni saracene, le spedizioni dei Vichinghi e le crociate furono i veicoli della diffusione di questo terribile male nell’età medievale. I malati furono esclusi dalla società e obbligati a vivere segregati nei lebbrosari, che nel XIII secolo erano circa ventimila in Europa. La lebbra cominciò a regredire nel XIV secolo in concomitanza con la pandemia di peste (la “morte nera”), ben più micidiale, che presumibilmente colpì anche i lebbrosari.

La lebbra o malattia di Hansen è una malattia infettiva e cronica, causata dal batterio Mycobacterium leprae, che colpisce la pelle e i nervi periferici in vari modi e gradi, anche molto invalidanti. Un tempo molto pericolosa, in era moderna si è riusciti a curarla.

Il vaiolo

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Le origini del vaiolo sono sconosciute. Sono state rinvenute presunte tracce di vaiolo su alcune mummie egizie risalenti a circa 3000 anni fa. Si può verosimilmente presumere che il vaiolo dall’Egitto sia stato trasmesso all’India, dove rimase come malattia a carattere endemico per circa 2000 anni. Nel I secolo d.C. il vaiolo giunse in Cina e nel VI sec. d.C. passò dalla Cina al Giappone.

Un’epidemia di vaiolo nel 166 d.C. causò nell’Impero romano un crollo demografico che spinse l’imperatore Marco Aurelio ad arruolare nell’esercito gruppi di barbari e consentire a intere tribù barbariche di insediarsi nelle zone spopolate dell’impero. Ebbe inizio la germanizzazione dell’esercito imperiale, che proseguì nei secoli successivi e fu una delle cause della fine dell’impero.

In Occidente il vaiolo fece periodiche comparse senza diventarvi stabile, fino al momento in cui la popolazione non aumentò di numero e gli spostamenti delle persone non divennero più intensi, durante il periodo delle Crociate. La diffusione del vaiolo crebbe progressivamente e verso il XVI secolo esso divenne un’importante causa di mortalità in Europa come nel Sud-Est Asiatico. Inoltre, l’Europa costituì il focolaio da cui il vaiolo si estese alle altre parti del mondo, al seguito di esploratori e colonizzatori europei.

Nel 1507 il vaiolo era stato introdotto nell’isola caraibica di Hispaniola (Haiti) e nel 1520 nel continente americano, in territorio messicano. Esso colpì gli indigeni in modo devastante e facilitò notevolmente la conquista degli imperi azteco e inca da parte degli Spagnoli. Anche la colonizzazione della costa orientale del Nord America avvenuta circa un secolo più tardi fu accompagnata da devastanti epidemie di vaiolo tra gli Amerindi e successivamente tra i coloni nativi.

Dalla metà del XVIII secolo il vaiolo fu la maggiore malattia endemica del mondo. Il vaiolo imperversò in Europa nel XIX secolo con numerose epidemie e vi fu eradicato solo nel 1953. La malattia è poi progressivamente scomparsa grazie alla vaccinazione, ormai resa obbligatoria ovunque. Nel 1979, dopo l’ultimo caso diagnosticato in Somalia nel 1977, il vaiolo poté essere considerato scomparso dal pianeta. L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato ufficialmente eradicata questa malattia nel 1980.

Il vaiolo è una malattia contagiosa di origine virale che nel 30% dei casi risulta fatale. Per il vaiolo il trattamento con antibiotici non è efficace e l’unico modo per prevenirlo è la vaccinazione. Data l’eradicazione della malattia, la vaccinazione obbligatoria è stata sospesa a partire dagli anni ’70 e ’80 in tutti i Paesi. In Italia la vaccinazione è stata sospesa nel 1977 e definitivamente abrogata nel 1981. Riserve del virus, per motivi di studio, sono mantenute ufficialmente solo in due laboratori in condizioni di stretta sicurezza: uno negli Stati Uniti e uno in Russia. Sono inoltre disponibili nei vari paesi riserve di vaccino antivaioloso.

Il colera

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Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. Si trasmette per via oro-fecale e porta a gravi fenomeni di disidratazione. Il colera, originariamente partito dal delta del fiume Gange, in India, ha avuto il suo culmine nel XIX secolo, quando si sono verificate ben sei pandemie nel mondo. Al momento la malattia è endemica in molto paesi e quindi non è stata sconfitta, nonostante esista un vaccino. La diffusione della malattia dipende dall’uomo (non da animali) e dall’utilizzo di acqua contaminata, scarsa igiene e consumo di cibi infetti. La prima pandemia iniziò nel 1817 in India, a seguito della conquista del territorio da parte degli Inglesi, per poi spostarsi verso Cina, Malesia e Giappone, continuando anche a diffondersi verso i paesi arabi e arrestandosi ai confini dell’Impero Russo. La seconda pandemia iniziò nel 1926 e nel 1930 era già in Russia, per poi arrivare ai paesi europei. La terza pandemia si diffuse nelle stesse zone ma arrivò fino in Sudamerica (1841), la quarta arrivò fino in Africa e la quinta e la sesta furono minori in quanto nel frattempo Koch era riuscito a isolare l’agente patogeno nel 1884 e furono prese adeguate misure sanitarie. Il colera esiste ancora oggi, soprattutto in Asia, Europa, Africa, Americhe dove si registrano tra 1,3 e 4 milioni di casi ogni anno di cui muoiono tra le 21mila e le 143mila persone. In alcuni paesi la malattia è diventata endemica.

L’unificazione dei microbi su scala mondiale

Il Vecchio e il Nuovo mondo seguirono percorsi separati che portarono gli esseri umani a sviluppare anticorpi efficaci contro le malattie del loro ambiente. Il contatto fra i due mondi avvenne con la scoperta e la conquista delle Americhe. Gli esiti furono drammatici. Gli amerindi, al contatto con germi patogeni sconosciuti, morirono a milioni per vaiolo, morbillo, tubercolosi. Le civiltà precolombiane crollarono. La crisi demografica che ne derivò fu una delle principali ragioni della tratta degli schiavi dall’Africa, che durò più di due secoli. In cambio, gli europei portarono nel Vecchio Mondo la sifilide, ma con esiti meno drammatici, perché il loro fisico era abituato a uno spettro più ampio di agenti patogeni.

La sifilide

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La maggior parte degli storici ritiene che la sifilide sia stata trasmessa ai colonizzatori spagnoli dopo la “scoperta”dell’America, anche se non tutti concordano su questa tesi. La popolazione locale era affetta da questa malattia a trasmissione sessuale che aveva carattere endemico e scarsa patogenicità. Tuttavia gli europei, privi di difese immunitarie nei suoi confronti, furono colpiti da una grave sintomatologia e una volta che essi furono tornati in patria la malattia progressivamente si diffuse in tutta Europa. Furono in particolare le truppe al seguito di Carlo VIII, entrate in Italia nel 1494, a portare la malattia a Napoli. Ne derivarono le espressioni di “mal napolitain“ datole dai Francesi e di “mal franzoso” datole dai Napoletani. In seguito i soldati mercenari di Carlo VIII la diffusero nei loro paesi. La Francia fu la prima a esserne colpita perciò nel resto d’Europa fu chiamata “mal francese o morbo gallico”.

La sifilide è un‘infezione sessualmente trasmessa (IST) causata dal batterio Treponema pallidum. La sifilide si trasmette attraverso qualsiasi tipo di rapporto sessuale (vaginale, anale e orale) e con il sangue. Una madre infetta può trasmettere la sifilide al nascituro durante la gravidanza (via transplacentare), attraverso il passaggio nel canale del parto e con l’allattamento.

La tubercolosi

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La tubercolosi (Tb) è una malattia infettiva e contagiosa, causata da un batterio, il Mycobacterium tuberculosis, chiamato comunemente Bacillo di Koch (dal nome del medico tedesco che lo scoprì). Nella maggior parte dei casi interessa i polmoni ma possono essere coinvolte altre parti del corpo. Se non trattata la Tb può portare alla morte.

Oggi la Tb rappresenta ancora una delle 10 principali cause di morte nel mondo. Nel 2017, 10 milioni di persone nel mondo si sono ammalate di tubercolosi e la malattia ha portato al decesso di 1,6 milioni di persone. La Tb è presente in tutte le parti del mondo ma la maggior parte dei casi si verifica in 30 Paesi, soprattutto nel Sud Est Asiatico, nel Pacifico Occidentale e in Africa.

La Tb si trasmette per via aerea, attraverso le secrezioni respiratorie emesse nell’aria da un individuo contagioso, per esempio tramite saliva, starnuto o colpo di tosse. Le persone nelle vicinanze possono inspirare i batteri e infettarsi. Attraverso le vie aeree i batteri raggiungono e si depositano nei polmoni dove cominciano a crescere e moltiplicarsi. Da lì in alcuni casi i batteri possono diffondersi attraverso il sangue ad altre parti del corpo.

La malaria

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La malaria è una malattia endemica causata da protozoi parassiti appartenenti al genere Plasmodium il cui ciclo biologico si svolge in due ospiti obbligati, un vertebrato, come ospite intermedio e una femmina di zanzara come ospite definitivo, detto anche vettore. Le specie di plasmodi responsabili della malaria umana si trasmettono da uomo a uomo mediante la puntura di zanzare infette appartenenti al genere Anopheles, tuttavia si può verificare la trasmissione anche con eventi accidentali mediante contagio ematico diretto.

Nella prima metà del XX secolo la malaria fu eradicata da gran parte delle aree temperate e oggi risulta diffusa principalmente nei Paesi della fascia tropicale e sub tropicale. In particolare, è altamente endemica in Africa, dove si verifica il maggior numero di casi e di decessi. È invece presente con diversi gradi di endemia in Paesi del Sud-est asiatico, del Medio Oriente, dell’Asia Centrale, del Pacifico occidentale e dell’America centrale e meridionale. Complessivamente quasi metà della popolazione mondiale, soprattutto quella residente in Paesi poveri, vive in aree a rischio di malaria. Tuttavia, negli ultimi anni la diffusione della malaria nel mondo è stata notevolmente ridotta grazie all’attuazione di programmi di lotta e controllo promossi dall’Oms e da diverse associazioni internazionali.

Il tifo

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La febbre tifoide, conosciuta anche come febbre enterica o tifo addominale, è causata dal batterio Salmonella enterica sierovariante typhi (Salmonella Typhi). L’uomo è l’unico vettore della malattia che, se non trattata, ha un tasso di mortalità superiore al 10%. La trasmissione può avvenire per via diretta attraverso le feci o, più frequentemente, per via indiretta, tramite l’ingestione di cibi o bevande maneggiate da persone infette o tramite la contaminazione, attraverso gli scarichi fognari, dell’acqua usata per bere o per lavare il cibo. La febbre tifoide è più diffusa nelle aree a maggior degrado ambientale, dove le condizioni igieniche sono scarse. Anche i fondali marini possono essere contaminati dalle fogne e di conseguenza i molluschi e i crostacei mangiati crudi sono un’importante fonte di contagio. In scarse condizioni igieniche anche il latte può essere facilmente contaminato. Le mosche possono contaminare gli alimenti che poi a loro volta contaminano l’uomo. In caso di epidemie una frequente fonte di contagio è rappresentata dalle sorgenti d’acqua contaminate.

L’AIDS

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La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) è causata dal virus HIV, il virus dell’immunodeficienza umana. Per la prima volta riportata in letteratura nel 1981, è causata da un retrovirus che intacca le cellule del sistema immunitario, rendendo il soggetto immunodepresso e quindi molto vulnerabile a infezioni, tumori, virus, batteri, funghi. La trasmissione avviene per scambio di fluidi corporei infetti, per esempio tramite i rapporti sessuali non protetti, la via più comune di trasmissione del virus. Tra i primi sintomi ci sono ingrossamento dei linfonodi, perdita di peso, diarrea, tosse, tremori. Non esiste un vaccino per l’AIDS. Il numero di contagiati, a seguito di un calo importante alla fine degli anni ’90, sta ora ricominciando a salire. Nel 2018 ci sono stati ben 1,7 milioni di nuovi contagiati. Il numero dei decessi invece sta fortunatamente calando grazie all’utilizzo di farmaci retrovirali, passando da 1,7 milioni di morti nel 2004 a 770mila nel 2018.

Altre malattie infettive

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