Spengler, Il trionfo della volontà di potenza

Spengler, La storia come trionfo della volontà di potenza

 

Il filosofo tedesco Oswald Spengler (1880-1936) fu considerato uno dei precursori dell’ideologia nazionalsocialista. Tuttavia, dalla politica hitleriana egli si staccò subito dopo il 1933.

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Nel 1918 e 1922 uscirono i due volumi della sua opera principale, Il tramonto dell’Occidente. In essa egli propose un’originale concezione della storia che doveva essere considerata non più nella sua tradizionale scansione in grandi periodi (storia antica, storia medievale, storia moderna), ma intesa come storia di civiltà.

Ciascuna civiltà (Spengler ne individuava otto: egiziana, babilonese, greco-romana, indiana, cinese, messicana, araba e occidentale) è considerata come un organismo indipendente con un proprio ciclo vitale. Nata casualmente, essa sviluppa il suo spirito creativo destinato, tuttavia, a esaurirsi. Le differenti culture non possono tra loro comprendersi e compenetrarsi.

Secondo Spengler lo spirito della civiltà occidentale si sarebbe esaurito, ed essa starebbe attraversando la fase di declino finale. Il testo di Spengler, da cui traiamo il brano seguente ebbe un enorme impatto nell’Europa degli anni venti. In particolare fu letto dai tedeschi che vi cercarono la spiegazione ultima, quasi metafisica, della loro sconfitta nella Grande guerra. Essi vi trovarono soprattutto una costruzione profetica della storia che poteva condurre fino al fatalismo.


spenglerLa dittatura del danaro si consolida e si avvicina a un apice naturale – ciò sta accadendo oggi nella civilizzazione faustiana come già è accaduto in ogni altra civilizzazione. E ora interviene qualcosa che può esser compreso solo da chi ha penetrato il significato essenziale del danaro faustiano. Se il danaro faustiano fosse qualcosa di tangibile, di concreto, la sua esistenza sarebbe eterna; ma poiché esso è una forma del pensiero, esso scomparirà non appena il mondo dell’economia sarà stato pensato a fondo:scomparirà per l’esaurirsi della materia che gli fa da substrato. Quel pensiero è già penetrato nella vita della campagna mobilitando il suolo; esso ha trasformato in senso affaristico ogni specie di mestiere; oggi esso penetra vittoriosamente nell’industria per mettere le ma­ni sullo stesso lavoro produttivo dell’imprenditore, dell’ingegnere e dell’operaio. La macchina col suo se­guito umano, la macchina, questa vera sovrana del secolo, è in procinto di soggiacere ad una più forte potenza. Ma questa sarà l’ultima delle vittorie che il danaro può riportare; dopo, comincerà l’ultima lotta, la lotta con la quale la civilizzazione conseguirà la sua forma conclusiva: la lotta fra danaro e sangue.

L’avvento del cesarismo spezzerà la dittatura del danaro e della sua arma politica, la democrazia. Dopo un lungo trionfo dell’economia cosmopolita e dei suoi interessi sulla forza politica creatrice, l’aspetto politico della vita dimostrerà di essere, malgrado tutto, il più forte. La spada trionferà sul danaro, la volontà da signore piegherà di nuovo la volontà da predatore. Se designiamo come capitalismo le potenze del danaro e se per socialismo s’intende invece la volontà di dar vita a un forte ordinamento politico-economico di là da ogni interesse di classe, a un sistema compenetrato da una preoccupazione aristocratica e da un sentimento di dovere che mantengano il tutto in una salda forma in vista della lotta decisiva della storia – allora lo scontro fra capitalismo e socialismo potrà significarci anche quello fra danaro e diritto. Le potenze private dell’economia vogliono avere mani libere per la conquista delle grandi fortune. Non intendono che nessuna legge sbarri loro la via. Vogliono leggi che vadano nel loro interesse e per questo si servono dello strumento che esse stesse si sono create, della democrazia e dei partiti pagati. Per far fronte a un tale assalto il diritto ha bisogno di una tradizione aristocratica, dell’ambizione di forti schiatte capaci di trovare la loro soddisfazione non nell’accumulazione delle ricchezze bensì nei compiti propri di una autentica razza di capi di là da ogni vantaggio procurato dal danaro. Una potenza può esser rovesciata solo da un’altra potenza, non da un principio; ma al di fuori della potenza del danaro non ve ne è un’altra, oltre a quella ora detta. Il danaro potrà essere spodestato e dominato soltanto dal sangue. La vita è la prima e l’ultima delle correnti cosmiche in forma microcosmica. Essa costituisce la realtà per eccellenza nel mondo considerato come storia. Di fronte all’irresistibile ritmo agente nella successione delle generazioni alla fine scompare tutto ciò che l’essere desto ha costruito nei suoi mondi dello spirito. Nella storia l’essenziale è sempre e soltanto la vita, la razza, il trionfo della volontà di potenza, non il trionfo delle verità, delle invenzioni o del danaro. La storia mondiale è il tribunale del mondo: ed essa ha sempre riconosciuto il diritto della vita più forte, più piena, più sicura di sé: il suo diritto all’esistenza, non curandosi se ciò venga riconosciuto giusto o ingiusto dall’essere desto. La storia ha sempre sacrificato la verità e la giustizia alla potenza, alla razza, condannando a morte gli uomini e i popoli per i quali la verità è stata più importante dell’azione e la giustizia più essenziale della potenza.

da Il tramonto dell’Occidente, Longanesi, 1981 (Der Untergang des Abendlandes, 1918)

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