Palazzo D’Accursio

palazzo d'accursio

La strage di Palazzo d’Accursio

L’assalto fascista al municipio di Bologna

La manifestazione socialista in Piazza Maggiore

Il 21 novembre 1920 i socialisti festeggiarono in Piazza Maggiore, con una grande adunata popolare, la vittoria elettorale e l’elezione a sindaco di Enio Gnudi (1893-1947), dirigente sindacale e rappresentante della corrente massimalista del PSI. Nei giorni precedenti i fascisti, guidati da Leandro Arpinati e Arconovaldo Bonaccorsi, avevano promesso lo scontro con manifesti provocatori: intendevano impedire ai socialisti di “issare il loro cencio rosso sul palazzo comunale”.

Alle 15, quando in comune iniziò la seduta, nella piazza vi erano circa duemila persone. I socialisti non erano però soli. Sul lato nord della piazza, verso via Rizzoli e l’imbocco di via Indipendenza, forti di alcuni rinforzi da Ferrara guidati dallo squadrista-futurista Olao Gaggioli, premevano alcune centinaia di fascisti armati. I due schieramenti erano divisi da un cordone di soldati, poliziotti e carabinieri.

La presenza dei fascisti non era prevista, in quanto i loro capi si erano impegnati a restare nella loro sede per tutto il pomeriggio. Da lì i fascisti, guidati da Leandro Arpinati, erano usciti in massa alle 14,30 quando sulla torre degli Asinelli era apparsa, improvvisa e inattesa, una bandiera rossa. Così subito si diressero verso Palazzo d’Accursio, sede del municipio.

La riunione del Consiglio comunale

Nell’aula del Consiglio comunale vi era una grande animazione. La parte riservata al pubblico era stracolma, mentre nell’altra i consiglieri erano mescolati con gli impiegati e i vigili urbani. Numerose le persone presenti negli uffici, molte delle quali non erano dipendenti comunali, ma guardie rosse mobilitate per la seduta.

Dopo l’intervento introduttivo del sindaco prese la parola il consigliere dell’opposizione Albini che a un certo punto fu interrotto da una serie di colpi d’arma da fuoco e di clamori provenienti dalla piazza.

Poco prima, il sindaco Gnudi si era affacciato al balcone attiguo alla sala consigliare per salutare la folla. Erano presenti anche alcuni dirigenti socialisti con le bandiere rosse. Contemporaneamente il Campanone cominciò a far sentire i suoi rintocchi, mentre dal balcone principale del comune furono liberati numerosi colombi con una bandierina rossa appesa alla coda. Dalla piazza si levò l’applauso dei socialisti al quale si mescolarono le grida ostili dei fascisti, i quali riuscirono a rompere il cordone delle forze dell’ordine in più punti, penetrando nella piazza.

L’assalto fascista e la reazione della folla e delle “guardie rosse”

Dalla parte del caffè Grande Italia, all’angolo tra piazza Nettuno e via Rizzoli, i fascisti spararono colpi d’arma da fuoco, cui risposero i socialisti. Anche carabinieri e guardie regie parteciparono alla sparatoria. La folla terrorizzata si diede alla fuga in più direzioni e alcuni cercarono di trovare riparo nel cortile di Palazzo d’Accursio, ma le “guardie rosse”, un gruppo di armati comunisti e massimalisti che presidiavano il palazzo, pensarono che i fascisti cercassero di entrare. Così tolsero la sicura ad alcune bombe a mano e le gettarono, provocando morti e feriti. Alla fine si contarono 10 morti e una sessantina di feriti, dei quali 15 tra agenti e carabinieri. I morti erano tutti socialisti, caduti sotto i colpi dei fascisti, dei carabinieri e delle Guardie regie o uccisi dalle bombe lanciate per errore dalle guardie rosse.

L’uccisione dell’avvocato Giordani

Intanto nell’aula consiliare, in una situazione di grande agitazione e confusione, un uomo (che rimarrà sconosciuto) sparò dal settore riservato al pubblico contro i consiglieri di minoranza: l’avvocato Cesare Colliva fu colpito da due proiettili al volto, mentre l’avvocato Giulio Giordani, mutilato di guerra, fu ferito a morte.

Il tragico eccidio di Palazzo d’Accursio ebbe risonanza nazionale e segnò l’inizio dell’ascesa fascista. Infatti i fascisti fecero dell’avvocato Giordani, che fascista non era, il primo martire della “rivoluzione fascista”. La salma fu esposta in un’aula del tribunale e vegliata da picchetti di camicie nere armate. I funerali, celebrati il 23 novembre, videro sfilare i fascisti con il gonfalone del comune, tra due imponenti ali di folla.

La giunta neoeletta di Gnudi fu costretta a ritirarsi senza essersi insediata, sostituita da un commissario prefettizio. La polizia arrestò circa duecento socialisti e nessun fascista, considerando i socialisti colpevoli dei tragici eventi.

Il moltiplicarsi delle spedizioni squadriste

L’eccidio di palazzo D’Accursio rappresentò una tappa decisiva dello squadrismo fascista. Da quel momento le spedizioni punitive e le violenze fasciste contro gli avversari politici, le camere del lavoro, le case del popolo, le cooperative, si moltiplicarono, senza che lo Stato intervenisse seriamente a punire i colpevoli e a garantire la legalità.

Nel corso del 1921, in seguito alle violenze delle squadre fasciste, molte delle amministrazioni conquistate dai socialisti nel 1920 furono sciolte «per motivi di ordine pubblico» o costrette a dare le dimissioni sotto la minaccia delle violenze.

 

 

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