Il Primo maggio, giornata di festa e di lotta
La lotta per le otto ore. I “martiri di Chicago. Primo maggio di festa/Primo maggio di lotta
Otto ore e Primo maggio: binomio inscindibile
Robert Owen e New Lanark
Le radici del 1° maggio affondano nel terreno della lotta secolare per la riduzione della giornata lavorativa. Tale lotta sorse fin dal XVIII secolo, con il sorgere stesso del capitalismo in Inghilterra, dove con l’avvento della grande industria si era verificato un allungamento degli orari di lavoro nelle fabbriche. La classe operaia cominciò ben presto a battersi per la riduzione dell’orario di lavoro, per l’aumento dei salari e per il miglioramento delle condizioni di vita.
Grande importanza assume, in questo contesto, la figura di Robert Owen. A trent’anni divenne comproprietario di una manifattura tessile a New Lanark, di cui all’inizio dell’Ottocento fece una fabbrica modello. Owen ridusse la giornata lavorativa degli operai a 10 ore, compresa una pausa di trenta minuti per il pranzo, mentre altrove se ne lavoravano 13 o 14. Non solo: aumentò i salari, eliminò il lavoro minorile e fornì agli operai servizi sociali, come gli asili per i bambini. Egli fornì ai suoi operai abitazioni più decenti e assistenza medica gratuita.
La sua gestione di New Lanark suscitò forte avversione tra gli industriali, nonostante, o forse proprio perché, la fabbrica di Owen continuava a garantire elevati profitti. Dopo un lungo periodo di contrasti con alcuni dei suoi partner, Owen abbandonò l’impresa di New Lanark. In seguito Owen presiedette il congresso di fondazione della prima unione sindacale nazionale, che aprì la strada al cartismo e alle future lotte per le 8 ore. Nel 1847 la Gran Bretagna, con la ten hours bill e con il ten hours act del 1847, portò la giornata lavorativa a 10 ore.
Otto ore di lavoro, otto ore di riposo, otto ore di svago
Negli anni compresi tra il 1848 e la guerra civile americana (1861), il movimento per la riduzione della giornata lavorativa trovò un terreno fertile in Australia, dove il movimento operaio lottò per le 8 ore, coniando lo slogan di “otto ore di lavoro, otto ore di riposo, otto ore di svago”. Proprio in Australia, a metà degli anni Cinquanta, per la prima volta alcune categorie operaie conquistarono le otto ore. L’obiettivo contenuto nello slogan di “otto ore di lavoro, otto ore di riposo, otto ore di svago” fu fatto proprio dall’Associazione internazionale dei lavoratori (Prima Internazionale) il cui congresso, riunito a Ginevra nel settembre 1866, approvò una risoluzione a favore della lotta per la limitazione della giornata lavorativa a otto ore: “Dichiariamo che la limitazione della giornata lavorativa è una condizione preliminare […]: proponiamo otto ore di lavoro come limite legale della giornata lavorativa”.
La lotta per le otto ore negli Stati Uniti
La lotta del movimento operaio per le otto ore si sviluppò intensamente negli Stati Uniti dopo la guerra di secessione, in concomitanza con la Seconda rivoluzione industriale, quando si registrò una grande ondata migratoria proveniente dall’Europa. La forte accelerazione dei processi di industrializzazione fece maturare la necessità del proletariato di organizzarsi per migliorare le proprie condizioni di lavoro e si ripropose con forza il tema della riduzione della giornata lavorativa. Al contempo si diffusero le idee socialiste, internazionaliste, anarchiche e repubblicane provenienti dal vecchio continente.
Principali ispiratori della lotta per le 8 ore furono il meccanico inglese Ira Steward e l’operaio siderurgico William H. Sylvis, che nel 1866 fondarono a Baltimora la National Labor Union. Sotto la loro guida la National Labor Union si impegnò in una campagna per conseguire una legge che istituisse la giornata di otto ore.
Lo Stato dell’Illinois, nel 1866, approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, ma con limitazioni tali da impedirne l’estesa ed effettiva applicazione. L’entrata in vigore della legge era stata fissata per il 1° Maggio 1867 e per quel giorno la NLU organizzò a Chicago una grande manifestazione, che vide la partecipazione di circa diecimila lavoratori. Nel 1868 il governo federale approvò una legge che stabiliva le otto ore di lavoro per i suoi dipendenti.
All’inizio degli anni Settanta, tuttavia, la NLU scomparve, dopo che il suo gruppo dirigente decise di cimentarsi nella lotta elettorale, trascurando così la battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro. Successivamente ripresero la lotta per le otto ore due nuove organizzazioni, l’Ordine dei Knights of Labour (Cavalieri del lavoro) e successivamente l’American Federation of Labour.
Alle origini del primo maggio: i martiri di Chicago
8 ore per lavorare, 8 ore per dormire, 8 ore per educarsi
Chicago divenne ben presto l’epicentro dello scontro. La città, dopo il devastante incendio dell’ottobre 1871, aveva avuto uno straordinario sviluppo divenendo il cuore all’industria e del commercio degli Stati dell’Ovest, del Nord-Est e del Centro. Essa si era sviluppata in particolare nella produzione di macchine agricole, nell’industria alimentare e nell’industria del legname, con oltre venti linee ferroviarie che si diramavano verso tutti gli angoli del paese e verso il Canada. Chicago aveva una popolazione cosmopolita formata per circa un terzo da Tedeschi, da quasi altrettanti Irlandesi e per il resto da Scandinavi, Italiani, Polacchi, Cechi e Francesi. Chicago era anche il centro del movimento operaio, socialista e anarchico americano, di cui la lotta per le otto ore divenne una bandiera unificante. Dopo il 1883 le organizzazioni operaie crebbero notevolmente e gli operai scesero in lotta all’insegna della parola d’ordine “8 ore per lavorare, 8 ore per dormire, 8 ore per educarsi”.
Nell’autunno del 1884 l’American Federation of Labor (ex Federation of Organized Trade and Labor Unions on United States and Canada) decise una giornata di lotta per rivendicare le otto ore per il primo maggio 1886. Nonostante le resistenze dei dirigenti, molti membri dell’Ordine dei Knights of Labour aderirono con entusiasmo all’iniziativa. A Chicago si costituì un’associazione per le otto ore e si svolsero innumerevoli riunioni durante le quali i lavoratori di quasi tutti i mestieri si organizzarono e si prepararono allo sciopero. Intanto, i giornali borghesi diedero vita a una campagna di stampa antioperaia, accusando i lavoratori di paralizzare l’industria e sostenendo che l’agitazione era antiamericana e fomentata dagli immigrati tedeschi.
Il Primo maggio 1886 e i fatti di Haymarket Square
Sul giornale anarchico Alarm, Albert Parsons condusse un’energica campagna a favore dello sciopero generale per le otto ore, così come August Spies, Michael Schwab e Adolph Fischer facevano sull’Arbeiter Zeitung (“Quotidiano del Lavoratore”).
Il 1° maggio 1886 a Chicago decine di migliaia di operai parteciparono a un corteo che si concluse con discorsi in inglese, boemo, tedesco e polacco, per rivendicare la giornata lavorativa di otto ore. Alcune fabbriche concessero le otto ore, ma la maggior parte di esse respinse questa rivendicazione e in molti stabilimenti venne dichiarata la serrata. Le strade si affollarono quando anche i lavoratori dei grandi depositi di legname e i caricatori dei treni merci entrarono in sciopero. I direttori delle ferrovie reclutarono crumiri, ma i lavoratori picchettarono i depositi e gli scali merci.
I sindacati decisero di proseguire le proteste anche nei giorni successivi e il 3 maggio si tenne una manifestazione di fronte ai cancelli della McCormick Harvesting Machine Company, una fabbrica di macchinari per l’agricoltura, che non voleva cedere alle richieste degli operai. Durante la manifestazione, che vide opposti da una parte i lavoratori riunitisi in sciopero e dall’altra i crumiri protetti dalla polizia, quest’ultima sparò sui manifestanti, causando alcuni morti e feriti. I lavoratori quella sera stessa decisero di continuare la protesta, con una manifestazione indetta per il giorno seguente.
La manifestazione si tenne nel tardo pomeriggio del 4 maggio, in Haymarket Square. Parlarono agli operai tre leader anarchici, August Spies, Albert Parsons e Samuel Fielden. L’evento si era svolto pacificamente e stava volgendo al termine quando si verificarono due eventi che fecero precipitare la situazione. I poliziotti, disobbedendo alle disposizioni del sindaco di rientrare nella sede della polizia, marciarono verso i manifestanti, cui l’ufficiale al comando ordinò di sciogliersi. In quel momento tra le file della polizia fu lanciata una bomba che uccise un poliziotto, Mathias Degan. La polizia caricò i manifestanti con violenza e nello scontro che ne seguì vi furono numerosi morti e feriti.
Il processo-farsa agli anarchici
La sera stessa e nei giorni successivi furono arrestati, come responsabili dell’attentato, August Spies, Albert Parsons, Samuel Fielden, Adolph Fischer, George Engel, Michael Schwab, Louis Lingg, Oscar Neebe, Wilhelm Selinger e Rudolph Schnaubelt. Schnaubelt riuscì a fuggire, mentre Selinger si fece corrompere e divenne testimone per l’accusa contro i suoi compagni. In compenso fu rilasciato. Pearson, che era riuscito a defilarsi, tra lo stupore generale ricomparve quando cominciò il processo, per condividere la sorte dei suoi compagni.
Il processo a carico degli otto anarchici iniziò il 21 giugno. Fu subito chiaro quale ne sarebbe stato l’esito, poiché l’intento non era tanto quello di punire gli anarchici come presunti responsabili dell’attentato quanto quello di reprimere le proteste operaie. Le prove a carico degli imputati erano praticamente inconsistenti, tanto che non furono accusati di aver gettato la bomba ma di aver incitato la folla alla violenza e di aver partecipato a una riunione durante la quale, secondo l’accusa, sarebbe stato organizzato l’attentato.
Tre degli arrestati (Spies, Parsons e Fielden) erano gli oratori della manifestazione ad Haymarket Square, mentre alcuni degli altri non erano nemmeno in piazza quando fu lanciata la bomba. Nel corso del processo l’accusa non riuscì a dimostrare alcun coinvolgimento degli imputati nell’attentato, ma anche grazie a una giuria selezionata ad hoc essi furono condannati. La stampa borghese contribuì ad alimentare un clima di forte ostilità contro i lavoratori e contro gli anarchici, diffondendo calunnie sul loro conto e descrivendoli come mostri e assassini.
Dopo un processo sommario e senza prove, con testimonianze fabbricate ad arte, il 20 agosto del 1886 arrivò la sentenza: sette degli otto imputati furono condannati a morte, mentre Neebe fu condannato a 15 anni di carcere. Nei mesi successivi, Fielden e Schwab chiesero al governatore dell’Illinois la grazia, che fu loro accordata. Lingg si suicidò in carcere la sera prima dell’esecuzione, mentre Spies, Parsons, Fischer ed Engel, nonostante una grande mobilitazione nazionale e internazionale, furono impiccati l’11 novembre 1887.
I martiri di Chicago
Gli otto anarchici divennero per il movimento operaio i martiri di Chicago e la loro lotta divenne il simbolo delle lotte dei proletari di tutto il mondo. Sette anni dopo l’esecuzione, il governatore dell’Illinois John Peter Altgeld dichiarò che c’erano stati gravissimi errori durante il processo e decise di far scarcerare Fielden, Schwab e Neebe. Questa decisione coraggiosa segnò la fine della sua carriera politica.
Il pittore inglese Walter Crane nel 1894 pubblicò un’incisione intitolata The Anarchists of Chicago, riprodotta in diversi esemplari che ottennero una vasta diffusione negli ambienti anarchici e socialisti.
Primo maggio di festa/Primo maggio di lotta
La lotta per le otto ore e il Primo maggio
Per ricordare il sacrificio dei “martiri di Chicago”, la Seconda Internazionale decise (Congresso di Parigi, 20 luglio del 1889) di fare del Primo Maggio una giornata internazionale di lotta per le otto ore, attuata per la prima volta nel 1890 e ratificata nel 1891. Per la prima volta furono chiamati a raccolta i lavoratori di tutto il mondo a manifestare simultaneamente, nello stesso giorno, per “chiedere alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore”. Il movimento operaio internazionale fece proprio lo slogan degli operai americani: “otto ore di lavoro, otto ore di riposo e otto ore di studio”.
La borghesia capitalistica e i governi, sia conservatori che liberal/repubblicani, misero in atto misure restrittive di vario genere per impedire lo svolgimento delle manifestazioni del Primo maggio 1890, spesso non rinunciando a una dura repressione. Nonostante la grande tensione che culminò in episodi di carica delle forze dell’ordine nei confronti dei dimostranti nelle grandi città europee, ovunque si svolsero manifestazioni, comizi, conferenze e astensioni dal lavoro. A Londra si tenne una grande manifestazione, cui parteciparono circa 300.000 persone.
L’eccidio di Fourmies e i fatti di piazza Santa Croce
Il grande successo del 1890 indusse i dirigenti della Seconda Internazionale a replicare l’iniziativa anche nel 1891 e a proclamare che da allora il Primo Maggio sarebbe stata per i lavoratori una giornata di festa e di lotta internazionale a sostegno delle loro rivendicazioni.
Le manifestazioni del primo maggio del 1891 si svolsero in maniera pacifica nella quasi totalità dei paesi. In Germania, in Inghilterra, in Belgio, in Olanda, in Austria, in Spagna, in Portogallo e persino in Argentina le piazze furono occupate da milioni di lavoratrici e di lavoratori. Solo in Francia e in Italia la giornata del Primo maggio fu funestata da eventi drammatici, con morti e feriti
A Fourmies, una cittadina francese ai confini con il Belgio, i gendarmi spararono sui circa 200 manifestanti scesi in piazza per rivendicare le 8 ore. Le forze dell’ordine francesi non esitarono a utilizzare i potenti Lebel, fucili a ripetizione, contro i manifestanti disarmati. Il bilancio fu di 10 morti e di circa 35 feriti.
A Roma durante il comizio del Primo maggio tenutosi in piazza Santa Croce in Gerusalemme vi furono scontri tra forze dell’ordine e manifestanti, con due morti (tra cui uno delle forze dell’ordine) e decine di feriti, a cui seguirono numerosi arresti tra i manifestanti, tra cui quello di Amilcare Cipriani.
Tra lotte operaie e repressione
Era il periodo della cosiddetta “Seconda rivoluzione industriale”, in cui entrarono in crisi i principi del libero mercato e della libera concorrenza, nacquero le concentrazioni industriali, i monopoli, i cartelli, il capitalismo finanziario, il protezionismo, il colonialismo, l’imperialismo. Stati Uniti e Germania superarono la Gran Bretagna in molti settori della produzione industriale.
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento il movimento operaio ebbe in Italia un forte sviluppo. Nel 1891 furono fondate a Milano, a Torino e a Piacenza le prime Camere del Lavoro, organismi territoriali che presto si diffusero in tutta Italia e si costituirono i vari sindacati di categoria. Nel 1892 nacque il Partito socialista, di ispirazione marxista, separatosi dalle componenti anarchiche.
Il 1° maggio 1898 coincise con la fase più acuta dei “moti per il pane”, che investirono tutta Italia e che ebbero il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi giorni di maggio vi furono manifestazioni di protesta che spesso videro l’intervento armato delle forze dell’ordine, con numerosi morti e feriti, come a Molfetta, a Bagnacavallo, a Piacenza, a Sesto Fiorentino, a Milano. La situazione divenne estremamente tesa a Milano, quando fu proclamato uno sciopero generale di protesta per l’8 maggio. Il governo, accampando il pericolo di una rivoluzione, decretò per la città lo stato d’assedio e affidò i pieni poteri al generale Fiorenzo Bava Beccaris, che fece sparare con i cannoni contro la folla. Furono uccise centinaia di persone e un migliaio furono i feriti. Il 9 maggio il generale Bava Beccaris fece sciogliere associazioni e circoli “sovversivi”, fece arrestare migliaia di persone e sopprimere la stampa d’opposizione.
La crescita del movimento operaio, dei sindacati e del socialismo accompagnarono lo sviluppo economico italiano in età giolittiana, nel primo decennio del ‘900. Il 1° ottobre 1906 nacque la Confederazione Generale del Lavoro (CGdL), una struttura capace di coordinare e unire tutte le forze operaie. All’atto della fondazione partecipano 700 delegati in rappresentanza di oltre 80 camere del lavoro e di circa 200.000 aderenti.
Il 1° maggio divenne ogni anno una giornata di festa e di lotta. Per le componenti rivoluzionarie e massimaliste del movimento operaio essa era l’occasione per affermare l’autonomia della classe operaia e per preannunciare la rivoluzione sociale. Per le componenti riformista e democratica il 1° maggio era una giornata di festa e di rivendicazione di riforme sociali, pur nell’ambito del sistema capitalistico.
Rivoluzione russa e Primo maggio
La Rivoluzione russa del 1917 alimentò in ogni paese, Italia compresa, le tensioni e le lotte sociali. Così, la celebrazione del 1° maggio galvanizzò vaste masse operaie, animate da una forte combattività di classe e le manifestazioni furono caratterizzate dall’attesa di un imminente rovesciamento della borghesia. Il movimento operaio si divise ancor più radicalmente tra le correnti rivoluzionarie, che propugnavano la dittatura del proletariato, e quelle riformiste, che respingevano questa prospettiva. Nella Russia rivoluzionaria, i bolscevichi avevano varato una legge che, tra le misure a favore dei lavoratori, prevedeva una giornata massima di otto ore lavorative. Per frenare la radicalizzazione della classe operaia molti governi borghesi decisero di concedere le otto ore con provvedimenti legislativi.
Otto ore e 1° maggio nel Ventennio
Il 1° maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori poterono festeggiare in Italia il conseguimento delle otto ore. Il Partito Socialista e la CGL si proposero di conseguire questo obiettivo per tutti i lavoratori. All’inizio del 1919, il Comitato direttivo della CGL chiese l’emanazione di una legge che stabilisse l’orario giornaliero di otto ore per tutte le categorie. Il dirigente socialista Filippo Turati presentò a tal proposito un disegno di legge che, paradossalmente, sarà approvato dal governo Mussolini, il 15 marzo del 1923 (Regio Decreto Legge n° 692). Il decreto stabiliva in otto ore la durata massima della giornata lavorativa e in quarantotto quella settimanale. Gli operai erano però tenuti a partecipare al cosiddetto “sabato fascista”, dedicato ad attività culturali, sportive, paramilitari, politiche e professionali , obbligatoriamente svolte nel pomeriggio del sabato. Andato al potere Mussolini, nel Ventennio fascista la festa del 1° maggio fu abolita e confluì nel Natale di Roma (21 aprile), leggendaria data di fondazione della Capitale, nel 753 a. C. Ricordare il 1° maggio costituì in Italia un atto di ribellione contro il regime e costò a non pochi antifascisti botte, olio di ricino, domicilio coatto e carcere.
Un Primo maggio irreggimentato
In Germania il governo guidato dal socialdemocratico Philipp Heinrich Scheidemann (Repubblica di Weimar) rese il 1° maggio festa nazionale, togliendo però alla celebrazione la sua connotazione rivoluzionaria e reprimendo duramente il movimento spartachista. Giunto al potere Hitler, il regime nazista conservò la ricorrenza del 1° maggio, ribattezzandola nel 1933 “Festa del Lavoro nazionale” e trasformandola in una delle numerose adunate propagandistiche del nazismo.
Anche nella Russia di Stalin fu tolta al 1° maggio la sua valenza rivoluzionaria e di lotta, facendone un coercitivo e propagandistico raduno di massa, con sfilate oceaniche di civili, militari e armi. Nei paesi “democratici” non era presente l’aspetto coercitivo, ma anche in essi venne meno la componente rivendicativa e di lotta, per lasciare spazio a celebrazioni all’insegna del pacifismo, dell’unità nazionale e del riformismo.
Il Primo maggio nel secondo dopoguerra
In Italia, nei giorni immediatamente seguenti alla Liberazione (25 aprile 1945) il 1° maggio divenne nuovamente la festa del lavoro, celebrata da partigiani e lavoratori nelle piazze d’Italia in un clima di entusiasmo. Due anni dopo, il 1° maggio fu segnato dalla strage di Portella della Ginestra, in cui gli uomini del bandito Giuliano fecero fuoco contro i lavoratori che assistevano al comizio. La sparatoria sugli oltre 2000 contadini riunitisi per celebrare la Festa del Lavoro, causò 11 morti e oltre 60 feriti. La Legge 27 maggio 1949, n. 260 (Disposizioni in materia di ricorrenze festive) ratificò la ricorrenza del Primo maggio facendola diventare ufficialmente festa nazionale italiana. Nel 1955 Pio XII istituì per il 1° maggio la festa cattolica di S. Giuseppe lavoratore. Dopo la Seconda guerra mondiale le adunate oceaniche sovietiche si estesero all’Europa dell’Est, mentre nell’Europa occidentale si affermarono celebrazioni che videro accentuarsi la caratteristica di giornata festiva e perdersi quella di giornata di lotta. Non sono mancate, all’interno del movimento operaio, fasi di divisione e di tensione, come quella che portò nel periodo della “guerra fredda” alla scissione della CGIL e alla nascita di CISL e UIL.
L’autunno caldo
Durante il cosiddetto “autunno caldo” (1969), che vide una ripresa della conflittualità operaia, il movimento operaio iniziò a rivendicare la riduzione dell’orario di lavoro a quaranta ore per tutte le categorie, con il ricorso allo straordinario per un massimo di otto ore settimanali. Le lotte operaie conquistarono per tutte le maggiori categorie di lavoratori dell’industria contratti in cui era prevista la settimana lavorativa di quaranta ore, divise in genere su cinque giorni lavorativi.
Un Primo maggio normalizzato
Dopo l’“autunno caldo”, dal 1970 i lavoratori appartenenti a sindacati e partiti diversi ricominciarono a scendere in piazza insieme, in occasione della festa del 1° maggio, ma le manifestazioni (con qualche rara eccezione) sono sempre più divenute una festa, caratterizzata da discorsi ufficiali, benedizioni, iniziative gastronomiche, eventi musicali. Dal 1990 si svolge a Roma il cosiddetto “Concerto del Primo maggio”, che nel 2020, a causa della pandemia di Covid19 sarà necessariamente “a distanza”, trasmesso su Rai3 e Rai2: https://www.primomaggio.net .
Attualmente il Primo Maggio è giorno di festa nazionale in molti Paesi, ma non negli Stati Uniti, dove esso ha avuto origine. Qui si celebra infatti una festa dei lavoratori il primo lunedì di settembre.
Bibliografia/sitografia
F. Renda, Storia del Primo Maggio. Dalle origini ai giorni nostri, Ediesse, Roma 2009.
R. Zangheri ( a cura di), Storia del Primo Maggio, San Marino, Aiep Editore, 1990.
1° maggio, antologia, edizioni Lotta comunista, Milano 1986.
Friedrich Adolph Sorge, Il movimento operaio negli Stati Uniti d’America 1783-1892, Pantarei, Milano 2002.
https://www.anarcopedia.org/index.php/Martiri_di_Chicago
https://www.anarcopedia.org/index.php/1_Maggio
http://www.cgilforli.org/la-storia-del-primo-maggio/
https://it.wikipedia.org/wiki/Festa_dei_lavoratori
http://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/Perche_il_1_maggio.html