L’Operazione Barbarossa

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L’Operazione Barbarossa

Seconda guerra mondiale

 

La strategia di Hitler e lo spazio vitale

Fin dalle origini della sua carriera politica, la strategia di Hitler prevedeva la guerra contro l’Unione sovietica. Il suo viscerale antibolscevismo, oltre all’antisemitismo, lo induceva a considerare l’URSS il nemico per eccellenza sul piano politico e ideologico, diversamente dalla Gran Bretagna, con la quale il Führer cercò più volte un’intesa. 

Inoltre, l’Europa orientale e la Russia erano un’area di espansione economica, da cui il Führer intendeva ricavare preziose risorse e in cui il popolo tedesco avrebbe potuto trovare il proprio “spazio vitale”. A est, infine, i tedeschi avrebbero potuto affermare la propria superiorità razziale, attraverso il dominio degli slavi e l’eliminazione degli ebrei.

La sua diffidenza e la sua avversione nei confronti dell’URSS furono alimentate dall’occupazione sovietica degli stati baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) e soprattutto della Bessarabia e della Bucovina settentrionale nel giugno 1940, con la conseguente vicinanza delle forze sovietiche ai giacimenti petroliferi rumeni da cui la Germania dipendeva. Hitler divenne fortemente sospettoso sulle intenzioni di Stalin, e si convinse che la guerra contro la Gran Bretagna poteva attendere, mentre considerò di vitale importanza rivolgere a Est l’espansione tedesca.

Una guerra totale

La guerra all’Unione sovietica si configurò fin dalla sua pianificazione come “guerra totale”, mirante all’annientamento del nemico e allo sfruttamento di ogni risorsa dei territori conquistati per sostenere lo sforzo bellico, senza il minimo riguardo per la popolazione civile. Per ordine di Hitler furono impiegate forze speciali, le Einsatzgruppen, composte da SS e da personale di polizia, incaricate di occuparsi della “liquidazione” tramite esecuzioni sommarie, di ebrei, zingari ed esponenti politici nei territori orientali.

Hitler e i suoi generali avevano originariamente programmato l’invasione dell’URSS per la metà di maggio del 1941, ma l’imprevista necessità di invadere la Jugoslavia e la Grecia nell’aprile di quell’anno li aveva costretti a posticipare la campagna sovietica a fine giugno. La rapidità delle vittorie nei Balcani consentì a Hitler di attenersi a questa scadenza, ma il ritardo di cinque settimane si rivelò grave anche perché nel 1941 l’inverno russo giunse prima del solito e fu molto rigido. 

L’attacco all’URSS

Hitler e l’Alto Comando dell’esercito tedesco (Oberkommando des Heeres-OKH), il comandante in capo dell’esercito Walther von Brauchitsch e il capo di stato maggiore dell’esercito Franz Halder, erano convinti che l’Armata Rossa potesse essere sconfitta in due o tre mesi e che entro la fine di ottobre, i tedeschi avrebbero conquistato l’intera parte europea della Russia e dell’Ucraina. L’invasione dell’Unione Sovietica ricevette il nome in codice di “Operazione Barbarossa”.

Verso le due del mattino del 22 giugno 1941, l’ambasciatore tedesco al Cremlino presentò al Ministro degli Esteri sovietico Vjačeslav Molotov la dichiarazione di guerra. Alla stessa ora a Berlino, il ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop riceveva l’ambasciatore russo per consegnargli la stessa comunicazione.

Circa alle 3:15 del 22 giugno, i tedeschi diedero inizio all’attacco di sorpresa della Wermacht. I Tedeschi impegnarono oltre 3 milioni di soldati, circa 150 divisioni, di cui 15 motorizzate e 19 corazzate, 600.000 automezzi, 3.600 carri armati e oltre 2700 aerei. Alle forze della Wermacht si aggiunsero le divisioni inviate da Italia, Romania, Finlandia, Slovacchia e Ungheria. 

Le forze dell’Armata Rossa schierate sul fronte occidentale contavano circa 2 milioni e mezzo di uomini, mentre un numero analogo si trovava tra il Caucaso e l’Estremo Oriente. L’URSS disponeva di un numero superiore di due o forse tre volte di carri armati e di aerei, anche se questi ultimi erano per lo più obsoleti. I tedeschi stimarono correttamente la presenza di circa 150 divisioni russe sul fronte, ma sottovalutarono le riserve di truppe che l’URSS poteva mobilitare.

Le direttrici dell’offensiva tedesca

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L’offensiva tedesca fu lanciata da tre gruppi d’armate: 

L’Heeresgruppe Nord (Gruppo di armate Nord) comandato da Wilhelm Ritter von Leeb, partendo dalla Prussia Orientale, aveva il compito di marciare in direzione nord-est, con l’obiettivo strategico di occupare gli stati baltici e Leningrado, coprendo così il fianco all’avanzata del Gruppo d’armate Centro su Mosca.

L’Heeresgruppe Mitte (Gruppo d’armate Centro) comandato dal generale Fedor von Bock aveva l’obiettivo di sfondare il settore centrale del fronte, occupando la Bielorussia e le posizioni difensive lungo la strada per Mosca. Il Gruppo d’armate Centro disponeva della maggior parte delle truppe e sotto il suo comando operava la maggior parte dei reparti corazzati (Panzergruppe) agli ordini dei generali Heinz Guderian ed Hermann Hoth. 

L’Heeresgruppe Süd (Gruppo d’armate Sud) comandato da Gerd von Rundstedt, spingendosi in profondità a sud delle paludi del Pryp”jat’, avrebbe dovuto occupare il territorio ucraino e Kiev, da dove doveva dirigersi verso le coste del Mar Nero e del Mar d’Azov.

La guerra lampo in Russia

L’offensiva iniziò con uno sbarramento d’artiglieria sulle posizioni russe, seguito da un attacco aereo della Luftwaffe contro le basi aeree nemiche: il primo giorno furono distrutti quasi 1100 aerei russi, il che garantì ai nazisti una copertura aerea incontrastata durante i primi mesi dell’invasione. La strategia tedesca faceva perno su una veloce manovra a tenaglia delle divisioni corazzate, preceduta da un intenso bombardamento iniziale per indebolire le linee nemiche. Queste dovevano essere spezzate dai carri armati in due punti diversi, per poi convergere, circondando i nemici, e formare una sacca con l’obiettivo di farli prigionieri.

Verso Mosca

L’invasione colse di sorpresa e impreparata l’Armata Rossa, nonostante le fughe di notizie e gli avvertimenti pervenuti a Stalin nelle settimane precedenti. L’Heeresgruppe Mitte avanzò rapidamente nel territorio sovietico e alla fine di agosto del 1941 la Bielorussia era stata conquistata. Le due grandi manovre a tenaglia che portarono alla caduta di Minsk e Smolensk, pur non riuscendo completamente, causarono all’Armata rossa danni molto gravi (complessivamente circa 600.000 prigionieri), ma una parte delle forze sovietiche si sottrasse. Tuttavia, a metà luglio i tedeschi erano avanzati per 600 chilometri e distavano solo 300 chilometri da Mosca.

Ucraina e Crimea

L’Heeresgruppe Süd, comandato dal feldmaresciallo Gerd von Rundstedt, aveva il compito di invadere l’Ucraina e la Crimea spingendosi fino ad Astrachan’, al fine di assicurare alla Germania le risorse agricole ucraine, quelle minerarie e industriali del bacino del Donec e quelle petrolifere del mar Caspio. L’avanzata a sud fu meno rapida rispetto al centro e al nord, per l’insufficienza di strade praticabili per i mezzi motorizzati, per la presenza di un unico gruppo corazzato, che non consentiva rapide manovre di aggiramento e per la forte presenza di truppe sovietiche in quel settore.

La “terra bruciata”

A metà luglio, inoltre, una serie di acquazzoni stavano trasformando le sabbiose strade russe in fango, sul quale i veicoli su gomma tedeschi potevano avanzare molto lentamente. I tedeschi cominciarono anche a essere ostacolati dalla tattica della “terra bruciata adottata dai sovietici in ritirata. Le truppe sovietiche bruciarono i raccolti, distrussero i ponti ed evacuarono le fabbriche di fronte all’avanzata tedesca. Interi stabilimenti siderurgici e di munizioni nelle parti più occidentali dell’URSS furono smantellati e spediti su rotaia verso est, dove furono rimessi in produzione.

La strategia di Hitler e la battaglia di Kiev

Malgrado il successo dell’avanzata verso Mosca, Hitler era convinto che le priorità fossero l’Ucraina e Leningrado: per questo il 19 luglio, contro l’opinione dell’OKH (Oberkommando des Heeres, il Comando supremo dell’Esercito), ordinò alle forze dell’Heeresgruppe Mitte di rinforzare gli altri due fronti. Il generale Hermann Hoth sarebbe andato a nord per assicurare l’accerchiamento di Leningrado e il generale Heinz Guderian si sarebbe diretto a sud per completare la presa di Kiev, delle regioni carbonifere dell’Ucraina e della Crimea. L’ordine indebolì l’esercito centrale, che fu costretto a frenare l’avanzata su Mosca, e diede ai difensori della capitale sovietica il tempo per riorganizzare l’esercito e per predisporre un’efficace difesa.

In Ucraina l’esercito tedesco riuscì a completare una grande manovra d’accerchiamento e a chiudere in un’enorme sacca la quasi totalità delle truppe sovietiche lì presenti. La battaglia di Kiev terminò con la schiacciante vittoria della Wehrmacht che catturò centinaia di migliaia di prigionieri e poté proseguire l’avanzata in direzione di Char’kov e Rostov sul Don. Le perdite sovietiche nella battaglia di Kiev furono elevatissime, tuttavia essa non si rivelò decisiva, come ipotizzato da Hitler, mentre al tempo stesso logorò le forze corazzate tedesche e ritardò l’attacco finale contro Mosca. 

La battaglia di Mosca

Con la Crimea conquistata e Leningrado sottoposta a un duro assedio, per i tedeschi fu possibile riprendere l’attacco contro la capitale. La rinnovata avanzata di Bock su Mosca iniziò il 30 settembre 1941. Le sue truppe misero in atto una manovra di accerchiamento intorno a Vjaz’ma (un’importante città sulla strada che univa Smolensk a Mosca), che fu presa il 20 ottobre, con la cattura di oltre 500.000 prigionieri. 

Il 15 ottobre, con i tedeschi a circa 100 chilometri da Mosca, una forte tormenta accompagnata dalle prime nevi trasformò le strade in fiumi di fango su cui era molto difficile avanzare. Nel frattempo i sovietici riuscirono a far arrivare dalla Siberia importanti rinforzi, inclusi mille carri armati e altrettanti aerei da combattimento. Al comando della difesa c’era il generale Georgij Konstantinovič Žukov.

Alcuni dei generali tedeschi volevano sospendere l’offensiva, ma Bock e gli altri generali, con il parere favorevole di Hitler, volevano andare avanti, credendo che i sovietici fossero sull’orlo del collasso. Il 2 dicembre i tedeschi fecero un ulteriore sforzo e alcuni reparti tedeschi penetrarono nei sobborghi di Mosca.

Il “generale inverno”

La grande offensiva tedesca fu fermata, in parte anche per gli effetti dell’inverno russo, le cui temperature sotto lo zero furono molto rigide. In ottobre e novembre un’ondata di casi di congelamento aveva decimato le truppe tedesche mal vestite, per le quali non erano state fatte provviste di abbigliamento invernale, mentre il freddo gelido paralizzava il trasporto meccanizzato, i carri armati, l’artiglieria e gli aerei dei tedeschi. I sovietici, al contrario, erano meglio preparati a combattere in modo efficace in inverno.

Le controffensive sovietiche

Nel sud, il generale Kleist aveva raggiunto Rostov sul Don il 22 novembre, ma aveva esaurito il carburante dei carri armati e le sue truppe erano stremate. Di fronte alle crescenti difficoltà, dovute da un lato agli attacchi sovietici, dall’altro al sopraggiungere dell’inverno, il generale Rundstedt voleva ritirarsi su una buona linea difensiva, ma Hitler lo vietò. Una controffensiva sovietica riconquistò Rostov il 28 novembre e Rundstedt fu sollevato dal comando. Tuttavia i tedeschi furono costretti a ripiegare, come da lui richiesto.

Mentre la spinta tedesca contro Mosca si fermava, il generale Žukov il 6 dicembre lanciò la prima grande controffensiva, portata avanti per tutto l’inverno, in direzione di Smolensk. Essa creò per i tedeschi una situazione molto critica, ma Hitler proibì qualsiasi ritirata, esponendo le sue truppe a terribili sofferenze. Tuttavia, è probabile che una ritirata generale sarebbe facilmente degenerata in una disfatta. Nel marzo del 1942 i russi erano avanzati di circa 250 chilometri, ma i tedeschi riuscirono a mantenere le loro piazzeforti, anche se molte divisioni furono ridotte a un terzo della loro forza originale. Nell’arco di poche settimane i quattro più alti comandanti tedeschi si dimisero e Hitler si autonominò comandante in capo dell’esercito, sostituendo Brauchitsch.

Un accordo anglo-sovietico del 12 luglio 1941 impegnò i firmatari ad aiutarsi a vicenda e a non trattare una pace separata con la Germania. Alla fine di settembre, in una conferenza a Mosca, furono concordate le quantità mensili di forniture, inclusi aerei, carri armati e materie prime, che Gran Bretagna e Stati Uniti avrebbero fornito all’Unione Sovietica.

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