I cento giorni, Waterloo, Sant’Elena

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I cento giorni, la battaglia di Waterloo, l’esilio a Sant’Elena

Napoleone

La fuga dall’isola d’Elba e la settima coalizione

L’espressione “cento giorni” (in francese Cent-Jours) indica il periodo compreso tra il ritorno di Napoleone Bonaparte a Parigi (20 marzo 1815) dall’esilio all’isola d’Elba e la restaurazione della dinastia dei Borbone sotto re Luigi XVIII (8 luglio dello stesso anno). 

Napoleone aveva ancora molti convinti sostenitori in Francia, in particolare nell’esercito, mentre il regime di Luigi XVIII era già impopolare, a causa della parziale restaurazione dell’antico regime.  Inoltre, all’inizio del 1815 sembrò che le potenze vincitrici, riunitesi al Congresso di Vienna per ridisegnare l’assetto geopolitico dell’Europa, fossero divise e in conflitto tra di loro. Infine, ad accelerare la scelta di Napoleone di tornare in Francia fu probabilmente la notizia che, proprio a Vienna si proponesse di allontanarlo dall’isola d’Elba, ritenuta da alcuni troppo vicina al continente. 

NapoleoneCosì Napoleone, domenica 26 febbraio 1815, s’imbarcò su una piccola nave denominata Inconstant, si allontanò dall’Isola d’Elba e sbarcò il 1° marzo nel golfo di Juan, nei pressi di Cannes. Lo accompagnava un piccolo esercito di poco più di un migliaio di uomini, imbarcato su una flottiglia.

Giunto in Francia Napoleone emanò due proclami, uno al Popolo di Francia e uno all’esercito, nel secondo dei quali, tra l’altro, era scritto: “La vittoria marcerà al passo di carica; l’aquila coi colori nazionali volerà di torre in torre sino alle torri di Nôtre-Dame.”.

Le truppe comandate dai generali Marchand e Devilliers si unirono a quelle dell’Imperatore, inalberando l’Aquila Imperiale, e sostituendo la coccarda tricolore a quella del Re. Il 7 marzo Napoleone entrò a Grenoble, il 10 marzo entrò in Lione, il 14 marzo era sulla strada di Digione. L’imperatore marciava verso Parigi, e lungo la strada le sue truppe crescevano sempre più.

Luigi XVIII ordinò al maresciallo Ney, l’eroe di tante campagne napoleoniche, di muovere contro Napoleone e di fermarlo. Ney acconsentì, dichiarando che, se necessario, avrebbe ricondotto il fuggitivo “in una gabbia di ferro”. Ma quando Ney incontrò il suo imperatore, scordando le promesse fatte, passò dalla sua parte.

Il 18 Marzo Napoleone entrò a Parigi alla testa di circa 100.000 uomini, mentre il re e la sua corte fuggivano.

Le potenze del Congresso di Vienna il 13 marzo lo dichiararono “fuorilegge”. Il 25 marzo Inghilterra, Russia, Austria e Prussia diedero vita alla Settima coalizione, a cui in seguito di unirono quasi tutti gli Stati d’Europa, con l’intento di sconfiggere definitivamente Napoleone. 

La settima coalizione armò un milione di uomini contro circa 270 mila francesi. Gli Inglesi la finanziarono con sei milioni di sterline. Ogni tentativo di mediazione fu respinto e a Napoleone non restò che tentare di evitare l’accerchiamento della Francia con un fulmineo attacco preventivo, così l’8 aprile 1815 ordinò la mobilitazione generale.

La battaglia di Waterloo

A Napoleone si prospettarono due possibilità: 

  1. una tattica difensiva realizzata attestando le truppe tra i fiumi Senna e Marna, preparandosi a difendersi su due fronti; 
  2. attaccare immediatamente le forze alleate in Olanda, pur in condizioni di inferiorità numerica, cercando di incunearsi tra i due eserciti e sconfiggendoli separatamente. 

Napoleone e il suo Stato maggiore scelsero questa seconda opzione. L’imperatore sperava di poter infliggere una rapida e schiacciante sconfitta agli eserciti nemici colti di sorpresa in Belgio. Con una vittoria di prestigio avrebbe ridato fiducia ai Francesi e forse scosso la solidarietà tra i coalizzati, guadagnandosi, inoltre, l’appoggio della popolazione belga.

Il 16 giugno l’Armata francese colse due vittorie negli scontri di Quatre-Bras e Ligny ma il 18 giugno 1815 Napoleone fu sconfitto nella decisiva battaglia di Waterloo.

WaterlooLa battaglia di Waterloo (detta inizialmente dai Francesi battaglia di Mont Saint-Jean e dai Prussiani battaglia di Belle-Alliance) si svolse il 18 giugno 1815 fra le truppe di Napoleone e gli eserciti britannico del Duca di Wellington e prussiano del feldmaresciallo Gebhard Leberecht von Blücher. 

L’Armée du Nord schierò sul campo di Waterloo tutta la sua forza, pari a circa 72.000 uomini con 256 cannoni. Il duca di Wellington aveva a Waterloo circa 70.000 uomini a cui si aggiunsero, nel corso della giornata, i 70.000 Prussiani di Blücher. L’armata alleata disponeva complessivamente di circa 200 cannoni.

La battaglia in realtà ebbe luogo nel territorio del villaggio di Mont-Saint-Jean, situato alcuni chilometri a sud della cittadina di Waterloo, nella quale si trovava il quartier generale del Duca di Wellington. Due giorni prima di Waterloo i Francesi avevano sconfitto i Prussiani nella battaglia di Ligny, ma Wellington, informato che il generale Blücher era riuscito a riorganizzare il suo esercito e si accingeva a marciare in suo aiuto, decise di affrontare le truppe di Napoleone. 

WaterlooIl generale britannico schierò i suoi uomini in difesa lungo la scarpata di Mont-Saint-Jean, confidando nell’arrivo dei Prussiani. Napoleone sferrò una serie di sanguinosi attacchi contro le linee britanniche e nel tardo pomeriggio sembrò vicino alla vittoria, ma l’ostinata resistenza del nemico e l’arrivo delle truppe prussiane decisero alla fine la battaglia a favore dei coalizzati. Per Napoleone era la fine.

Le valutazioni sulle cause della sconfitta di Napoleone a Waterloo sono diverse e controverse. In primo luogo va considerata, comunque, la netta superiorità numerica degli alleati, che alla fine dello scontro riuscirono a unire le loro forze. Certamente l’arrivo dei Prussiani di Blücher fu decisivo. Tuttavia vi sono anche altri aspetti messi in rilievo dagli storici che si sono occupati di studiare la battaglia. Un secondo fattore fu costituito dalla strenua resistenza delle truppe di Wellington. Inoltre, i luogotenenti di Napoleone commisero alcuni errori, in particolare il maresciallo Grouchy, che tardò a intervenire in aiuto a Mont-Saint-Jean. Secondo alcuni studiosi, lo stesso Napoleone non ebbe la lucidità dei tempi migliori, probabilmente anche per problemi di salute e/o per la tensione determinata in lui dalla consapevolezza che quella era la sua ultima possibilità. Infine, sembra che anche le condizioni meteorologiche pessime abbiano influito sull’esito della battaglia: le insistenti piogge, infatti, avevano trasformato il terreno in un pantano, che rese nettamente meno efficace l’azione dell’artiglieria francese.

L’esilio a Sant’Elena

NapoleoneDopo aver cercato di fuggire negli Stati Uniti, l’ex imperatore decise di chiedere asilo all’Inghilterra. Il 15 luglio 1815 a Rochefort Napoleone si consegnò a bordo del Bellerophon, che lo trasportò a Plymouth. Vista l’esperienza dell’Elba, gli Inglesi scelsero però di riservargli una destinazione di massima sicurezza: fu trasferito, infatti, in esilio all’isola di Sant’Elena, situata a 1900 km ad ovest dell’Africa, in pieno Atlantico meridionale, dove giunse il 16 ottobre 1815. Qui rimase fino alla morte componendo una vastissima raccolta di memorie.

Installatosi il 10 dicembre 1815 a Longwood House, un’abitazione strettamente sorvegliata, Napoleone entrò spesso in conflitto con Hudson Lowe, il governatore dell’isola. 

Il 15 aprile 1821, Napoleone fece testamento e il 5 maggio 1821 morì, probabilmente a causa di un tumore allo stomaco. Nel suo testamento aveva chiesto di essere sepolto in Francia, ma gli Inglesi ordinarono che fosse sepolto a Sant’Elena. Nel 1840 i resti di Napoleone furono riportati in Francia e oggi sono conservati in un grande sarcofago nel palazzo de Les Invalides, a Parigi.

Bibliografia

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