Il dopoguerra in Italia e i governi centristi.

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Il dopoguerra in Italia e i governi centristi.

Il dopoguerra in Italia

Nel 1945 l’Italia uscì fortemente provata dalla guerra, per le distruzioni materiali che avevano colpito l’apparato produttivo, il patrimonio edilizio, le vie di comunicazione e le infrastrutture. La produzione industriale si era ridotta al 25% di quella del 1938 e quella agricola al 55%. Il reddito nazionale era diminuito di circa la metà e il paese era colpito da un’elevata disoccupazione e da una forte inflazione. 

Dopo un primo governo di transizione presieduto da Ferruccio Parri, esponente del Partito d’azione, in dicembre del 1945 il leader della Democrazia cristiana Alcide De Gasperi formò un governo di coalizione comprendente anche socialisti e comunisti, restando poi alla guida del paese per otto ministeri, dal 1945 al 1953.

La costituzione della Repubblica Italiana.

Dopo la liberazione dal nazifascismo le forze politiche italiane decisero di affidare a un’Assemblea costituente eletta dal popolo il compito di redigere una nuova carta costituzionale che sostituisse lo Statuto Albertino del 1848. Il 2 giugno 1946 un referendum popolare si pronunciò a favore della Repubblica e nello stesso giorno gli italiani elessero l’Assemblea costituente. Furono anche le prime elezioni a suffragio universale in cui le donne votarono. Tre furono i partiti che ottennero i maggiori consensi: il Partito comunista, il Partito socialista e la Democrazia Cristiana, che conseguì la maggioranza relativa con oltre il 35 per cento dei voti. 

La nuova Costituzione repubblicana entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Essa istituì una repubblica unitaria e istituzioni democratiche, frutto del confronto tra le culture politiche del liberalismo, del cattolicesimo democratico, del socialismo e del comunismo. Stabilite le libertà politiche e civili, fu affermato il principio della solidarietà sociale, che mirava a un’uguaglianza non solo formale (giuridica e politica) ma anche sostanziale. Furono affermati il “diritto al lavoro”, la tutela della proprietà nei limiti delle superiori esigenze sociali, il diritto dei ceti più deboli all’assistenza sociale. Il potere legislativo fu diviso tra la Camera dei deputati e il Senato, entrambi elettivi, mentre il potere esecutivo fu affidato al Consiglio dei Ministri, guidato da un presidente. 

Al Presidente della Repubblica, capo dello stato da eleggersi ogni sette anni, fu affidato il compito di nominare il Presidente del Consiglio e di garantire il corretto funzionamento delle istituzioni. 

La Magistratura fu resa “un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. A garanzia della costituzionalità delle leggi ordinarie fu creata una Corte costituzionale. Come correttivo della struttura centralistica dello Stato furono introdotte, oltre ai comuni e alle province, le regioni come enti autonomi. I rapporti tra Stato e Chiesa continuarono a essere regolati dal Concordato del 1929. Le confessioni non cattoliche furono considerate “egualmente libere” dinanzi alla legge. 

I governi centristi.

Nel maggio del 1947, in seguito al mutato clima della “guerra fredda”, De Gasperi pose fine alla collaborazione di governo con le sinistre, chiudendo così la fase dell’unità antifascista. In occasione delle elezioni del 18 aprile 1948 si svolse un’accesa campagna elettorale, tra le più aspre dell’Italia repubblicana, conclusasi con la vittoria della Democrazia Cristiana, che ottenne oltre il 48% dei voti e la sconfitta del Fronte Popolare (con il 31% dei voti), di cui facevano parte il PCI e il PSI. 

Un attentato a Palmiro Togliatti (luglio 1948), segretario del PCI, aprì una situazione di grave crisi e di disordini nel paese, che si concluse pacificamente su sollecitazione dello stesso Togliatti e dei vertici del partito. 

Iniziò così la fase del centrismo, basato su accordi di governo tra Democrazia Cristiana, Socialdemocratici, Repubblicani e Liberali. I governi centristi furono caratterizzati da un acceso anticomunismo, dall’appoggio del Vaticano, dalla fedeltà atlantica. Fra il 1948 e il 1953 De Gasperi tenne saldamente il potere.

Crisi del centrismo

Il 1953 segnò la crisi del centrismo degasperiano. Dopo una serie di sconfitte della DC alle elezioni amministrative De Gasperi, per garantirsi una salda maggioranza in Parlamento, fece approvare una nuova legge elettorale che prevedeva un premio di maggioranza ai partiti apparentati che avessero superato il 50% dei voti (battezzata dalle opposizioni “legge truffa”). Nel giugno 1953 la coalizione centrista (DC, PRI, PLI, PSDI) ottenne il 49,85% dei voti, mancando il quorum necessario per far scattare il premio di maggioranza. La DC perse, rispetto al 1948, quasi due milioni di voti. 

La seconda legislatura (1953-58) fu quindi caratterizzata dalla lunga crisi della formula centrista, con una forte instabilità di governo. Nel 1954 Alcide de Gasperi morì e alla guida della DC gli successe Amintore Fanfani.

La denuncia dei crimini di Stalin in URSS, dopo la sua morte (1953), e l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956 portarono alla rottura fra PCI e PSI e a un avvicinamento del PSI alla socialdemocrazia. Intanto, nel 1957 a Roma si compiva un passo decisivo nel processo di integrazione europea, con la firma dei trattati istitutivi della CEE (Comunità Economica Europea). In conseguenza della crisi del centrismo e del distacco del PSI dal PCI, si fece strada l’idea di un possibile allargamento dell’area di governo ai socialisti. Dopo il monocolore DC, presieduto da Fernando Tambroni, che rappresentò un tentativo di impedire questa apertura e che nel luglio del 1960 provocò dure agitazioni per le sue aperture al Movimento Sociale Italiano, il partito neofascista, nel 1962 ebbe inizio la fase del centrosinistra.

 

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