Cronistoria della Covid-19

Sars-cov2 - Covid19

Cronistoria della Covid-19

[dicembre 2019-gennaio 2020]

Le “polmoniti anomale”

Nel mese di novembre, o forse anche in ottobre del 2019, il nuovo coronavirus Sars-CoV-2 aveva iniziato a circolare in Cina, in particolare a Wuhan, città cinese di 11 milioni di abitanti nell’Hubei, centro nevralgico di commercio e di scambi. Nella metropoli cinese cominciò infatti ad essere registrato un certo numero di polmoniti anomale, dalle cause non attribuibili ad agenti patogeni noti. Il 31 dicembre 2019 le autorità cinesi informarono l’Oms del manifestarsi di questi casi.

All’inizio di gennaio del 2020 a Wuhan il fenomeno si estese a decine di persone. Dalle prime indagini emerse che i contagiati erano frequentatori del mercato di animali vivi Huanan Seafood Wholesale Market a Wuhan. Ne derivò l’ipotesi che il contagio potesse essere stato causato da prodotti di origine animale venduti al mercato.

L’annuncio del coronavirus

Il primo gennaio 2020 le autorità cinesi disposero la chiusura del mercato di Wuhan e l’isolamento di coloro che presentavano i sintomi dell’infezione. Ai primi di gennaio le autorità cinesi annunciarono che gli scienziati avevano identificato un nuovo virus appartenente alla famiglia dei coronavirus. Al nuovo virus fu attribuito temporaneamente il nome di “2019-nCoV”. Il 10 gennaio l’Oms diffuse la notizia, suggerendo le precauzioni da adottare, in particolare quella di evitare contatti con le persone con sintomi. L’OMS dichiarò poi che non era raccomandata alcuna restrizione ai viaggi da e per la Cina. Al momento tutti i casi erano concentrati a Wuhan e non si conoscevano la contagiosità e la letalità del virus (Sars e Mers avevano un più alto tasso di mortalità ma erano molto meno contagiose).

Il 12 gennaio gli scienziati cinesi annunciarono che il virus era stato “isolato” e “sequenziato” e la Cina condivise la sequenza genetica con gli altri paesi. Intanto in Cina i casi confermati erano in totale 41, circoscritti alla zona di Wuhan, e fu segnalato un decesso.

Il primo caso accertato fuori dalla Cina risale al 14 gennaio, in Thailandia: si trattava di una donna di 62 anni arrivata da Wuhan. Altri casi si manifestarono presto in Corea del Sud e in Giappone. Intanto in Cina i contagi crebbero e si estesero ad altre città.

Il 21 gennaio le autorità sanitarie cinesi e l’Organizzazione mondiale della sanità annunciarono che il nuovo coronavirus, passato probabilmente dall’animale all’essere umano (con un “salto” di specie o spillover), si trasmetteva anche da uomo a uomo. Nel frattempo però, milioni di cittadini di Wuhan avevano viaggiato attraverso il paese, anche in vista del capodanno cinese.

Wuhan in lockdown

Il 22 gennaio il governo cinese decise di mettere in quarantena la città di Wuhan (11 milioni di persone), estendendo successivamente l’isolamento a quasi tutta la provincia di Hubei (circa 60 milioni di persone furono poste in quarantena). Le autorità cinesi sospesero aerei, treni, autobus e traghetti in entrata e in uscita da Wuhan, successivamente estendendo il divieto anche ai veicoli privati. Così, dal giorno successivo Wuhan entrò in lockdown obbligatorio, con la suddivisione dei quartieri della città attraverso la costruzione di barriere e checkpoint, con l’obbligo di non uscire di casa e di indossare la mascherina nei luoghi pubblici. Furono poi annullati tutti i festeggiamenti previsti per il Capodanno cinese. Dal 24 gennaio le misure di isolamento furono estese alle città di Huanggang, Ezhou e Xianning, vicine a Wuhan e ad altre regioni. Il piano di emergenza attuato a Wuhan prevedeva anche la costruzione di nuove strutture ospedaliere. In particolare le autorità disposero la costruzione di un ospedale con 1000 posti letto.

Alla fine gennaio in Cina salì il numero dei contagiati (più di 6000) e dei morti (oltre 130), pertanto i governi di varie nazioni, tra cui quello italiano, prepararono un piano di evacuazione per i propri cittadini da Wuhan. I contagi fuori dalla Cina erano ancora circoscritti e limitati.

In Europa i primi tre casi furono accertati in Francia il 24 gennaio 2020. Il 29 gennaio in Italia due turisti cinesi di Wuhan contagiati furono ricoverati allo Spallanzani. Anche un ricercatore italiano proveniente dalla Cina fu positivo al virus e un diciassettenne, rimasto bloccato a lungo a Wuhan a causa di sintomi simil-influenzali, benché non positivo al coronavirus fu tenuto sotto osservazione.

L’Oms dichiara lo stato di emergenza globale

Alla fine di gennaio il rischio che l’epidemia si diffondesse divenne elevato. Il 30 gennaio 2020 il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus dichiarò l’“emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale”. A quella data si contavano 7800 contagiati, quasi tutti in Cina, dove i morti erano 170. Sporadici i casi registrati in altri 19 paesi, tra cui gli Stati Uniti, con 5 casi, l’Europa con 10. Il comitato d’emergenza dell’OMS si dichiarava fiducioso nella possibilità di interrompere la diffusione del virus, a condizione che i paesi mettessero in atto “energiche misure” commisurate al rischio e basate sulla “solidarietà e cooperazione internazionale”. Tre mesi dopo, i casi di Covid-19 superavano i tre milioni.

L’ emergenza sanitaria in Italia

L’Italia sospese tutti i voli da e per la Cina, unica in Europa, e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte proclamò lo stato di emergenza sanitaria per 6 mesi. La Conferenza stampa del Presidente Conte e del Ministro Speranza(Palazzo Chigi) viene trasmessa in live streaming il 30 gennaio 2020

[Febbraio 2020]

L’ospedale di Wuhan

Il 2 febbraio a Wuhan in Cina fu inaugurato un ospedale di 1000 posti letto su una superficie di 25mila metri quadrati, costruito a tempo di record per affrontare la scarsità di terapie intensive richieste dalla diffusione del contagio. Le immagini in timelapse fecero il giro del mondo.

La costruzione in tempo record dell’ospedale a Wuhan

All’inizio di febbraio l’epidemia di Coronavirus superò per mortalità la precedente epidemia di Sars che aveva colpito la Cina nel 2002/2003. Il Giappone confermò 10 nuovi casi da una nave da crociera, la Diamond Princess, posta in quarantena vicino a Yokohama, con a bordo oltre 3.500 persone, tra cui 35 italiani.

La morte di Li Wenliang

Il 7 febbraio morì Li Wenliang, il medico cinese che per primo aveva cercato di dare l’allarme sulla presenza di un nuovo ceppo di coronavirus e che era stato costretto al silenzio dal governo cinese, con l’accusa di diffondere notizie false. Il 2 aprile Wenliang fu proclamato eroe nazionale.

Sars-CoV-2 e Covid-19

L’11 febbraio l’OMS ha annunciato di avere modificato il nome del nuovo virus: non più 2019-nCoV ma Sars-CoV-2, perché il patogeno è parente del coronavirus responsabile della Sars (molto più letale ma meno contagiosa). Anche la malattia causata dal virus ottenne una denominazione ufficiale, quella di “Covid-19” dall’acronimo di Co (corona); Vi(virus); D (‘disease’, malattia) e 19 (l’anno di identificazione del virus).

All’epidemia di Covid-19 si è affiancata quella dell’informazione, con notizie non sempre veritiere (fake news).

Si fermano fiere e saloni internazionali

Il 12 febbraio fu annullato il Mobile World Congress, la più grande fiera al mondo di tecnologia mobile che si tiene a Barcellona. Poi furono annullati tutti i grossi saloni internazionali, come quello dell’auto a Ginevra, il Salone del Mobile a Milano, il Vinitaly e così via.

Il 13 febbraio su richiesta dell’Italia, rappresentata dal ministro Roberto Speranza, si tenne a Bruxelles una riunione straordinaria dei Ministri della Salute del Consiglio dell’Unione europea. In Cina il governo rimosse i vertici del Partito Comunista di Wuhan e della provincia di Hubei per la loro incapacità nel gestire l’emergenza.

La partita Atalanta-Valencia

Il 19 febbraio a San Siro si giocò la partita di Champions League Atalanta-Valencia, con la presenza di cinquantamila bergamaschi allo stadio. L’Atalanta vinse 4-1. Immunologi e protezione civile hanno ipotizzato che la partita abbia contribuito alla diffusione del contagio.

I primi casi di Covid in Lombardia

Venerdì 21 febbraio 2020 emersero diversi casi di coronavirus nel lodigiano, in Lombardia. Si trattava di persone non provenienti dalla Cina. Un uomo di 38 anni residente a Codogno risultò positivo al coronavirus: è il cosiddetto paziente 1. Nel giro di poche ore fu accertata la positività di altre quattordici persone. Alcuni dei paesi colpiti (Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo e altri) furono di fatto isolati. La prima vittima italiana per covid-19 è stata Adriano Trevisan, di 78 anni. L’uomo residente a Vo’ Euganeo morì nella terapia intensiva dell’ospedale di Schiavonia, a Padova.

Scattano le zone rosse

Il 23 febbraio in Lombardia e Veneto scattarono le “zone rosse” in 11 comuni, tra cui Codogno e Vo’ Euganeo. Fu istituito il divieto di accesso o di allontanamento dal territorio comunale e la sospensione di manifestazioni, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato. Si svolse inoltre la prima conferenza stampa di Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile, che da allora ogni sera alle 18 informava gli Italiani sull’andamento del contagio.

Milano non si ferma

La maggior parte degli esponenti politici non si rese subito conto della gravità e delle dimensioni dell’epidemia e molti si preoccuparono, più che del contagio, dei danni che le misure restrittive avrebbero potuto provocare. Ancora in data 27 febbraio, il segretario del PD Nicola Zingaretti partecipò a un aperitivo con i giovani dem sui navigli, con l’intento di rassicurare la popolazione e di dare l’idea che la situazione fosse sotto controllo. Il 5 marzo si fece fotografare abbracciato ad alcuni sostenitori in un ristorante e il 6 marzo contrasse il Covid. Il sindaco Sala rilanciò l’hashtag #milanononsifermae un messaggio simile fu  quello del sindaco di Bergamo Giorgio Gori.

Chiudere/aprire/chiudere

Anche gli esponenti dell’opposizione assunsero atteggiamenti analoghi, spesso contraddittori, a distanza di pochi giorni. Plateali sono state anche in seguito le prese di posizione di Matteo Salvini (Lega) e di Giorgia Meloni (FdI) volte, ripetutamente, ora a sminuire la pandemia e ad accusare il Governo di mettere in ginocchio l’economia, ora a rivendicare una chiusura totale, per poi di nuovo sostenere la necessità di una riapertura di tutte le attività, comprese le discoteche. Il 27 febbraio Salvini chiedeva a gran voce in un video di “riaprire tutto”: si riferiva a Milano e alla Lombardia. Elencava bar, ristoranti, musei, negozi, fabbriche, palestre, discoteche, centri commerciali. Del resto, mentre si diffondevano le prime raccomandazioni contro il virus, lui ancora organizzava comizi nelle piazze. Poi, come se niente fosse, Salvini passò a criticare l’esecutivo per non aver chiuso tante attività e accusò persino la Consob per non aver sospeso la Borsa.

Giorgia Meloni il 2 marzo girò un video davanti al Colosseo, nel quale esortava i turisti stranieri a venire in Italia e a non pensare che la gente fosse impaurita e “barricata in casa”: “La realtà è un’altra…ci sono turisti ovunque, ristoranti, bar e negozi sono tutti aperti, le persone sono felici e il tempo è fantastico, una normale situazione”.

D’altronde in America il 28 febbraio il presidente americano Donald Trump in un comizio dichiarò che il virus era una “bufala dei democratici” e lo paragonò a una banale influenza, spiegando che un giorno “sparirà” come “un miracolo“.

Intanto, alla fine di febbraio viene pubblicato il “Report of the WHO-China Joint Mission on Coronavirus Disease in cui si precisa che il virus ha”zoonotic origins”.

[Marzo 2020]

La diffusione del contagio e la zona rossa

Il contagio si diffuse in Italia, in particolare in Lombardia e nelle altre regioni del centro-Nord. Mercoledì 4 marzo il governo annunciò la sospensione delle attività scolastiche in tutto il paese, estendendo le misure già in vigore nelle regioni del Nord. Dal pomeriggio del 7 marzo iniziò a circolare sui media una bozza di decreto che prevedeva l’estensione delle misure restrittive e di isolamento all’intera Lombardia. L’indiscrezione causò un esodo di meridionali verso Sud, per raggiungere i propri paesi di origine.

L’8 marzo fu ufficialmente varato il decreto che prevedeva l’isolamento della Lombardia, in assoluto la più colpita, e di altre 14 province, che diventarono “zona rossa”. Nella stessa giornata si giocò il “Derby d’Italia” a porte chiuse e senza pubblico tra Juventus e Inter, preludio dello stop definitivo al campionato di Serie A, deciso il giorno seguente.

Il lockdown

Il 9 marzo il governo estese le misure di contenimento a tutta l’Italia: l’intero Paese fu così ora in lockdown, primo tra gli stati occidentali ad adottare misure così severe e restrittive. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciò in televisione di aver esteso a tutto il paese le misure già prese per la Lombardia e per le altre 14 province, tanto che tutta l’Italia diventò “zona protetta”. Le nuove norme previste nel Dpcm 9 marzo 2020, entrarono in vigore il 10 marzo. Esse prevedevano che si potesse uscire di casa solo per comprovate ragioni di necessità, come per fare la spesa, per esigenze lavorative, per l’acquisto di farmaci o per motivi di salute.

La pandemia

L’11 marzo Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, annunciò che Covid-19 poteva “essere caratterizzato come una situazione pandemica”, dichiarando perciò la pandemia. La preoccupazione per le conseguenze economiche derivanti dalla pandemia investì i mercati finanziari. Il Ftse Mib (acronimo di Financial Times Stock Exchange Milano Indice di Borsa), il più significativo indice azionario della Borsa italiana, chiuse le contrattazioni con una flessione del 16,92%, la peggiore seduta della sua storia. Due giorni dopo Wall Street segnerà il peggior calo giornaliero dal 1987: -12%.

Boris Johnson e l’immunità di gregge

Il 12 marzo il capo del governo inglese Boris Johnson annunciò che il suo piano per fronteggiare la pandemia prevedeva il raggiungimento della cosiddetta “immunità di gregge” e che quindi oltre il 60% dei britannici avrebbe dovuto contrarre il coronavirus. Aggiungeva inoltre che i cittadini dovevano rassegnarsi all’idea di “perdere molti cari”.

https://www.lescienze.it/news/2020/10/27/news/covid-19_coronavirus_vaccino_immunita_gregge_massa_condizioni_r0_illusione_vittime-4823263/

Misure economiche per contrastare la pandemia

Il 16 marzo la Fed (la Banca centrale americana) tagliò i tassi di interesse allo 0-0,25% come misura per contrastare gli effetti della pandemia da coronavirus. Fu il secondo taglio in una settimana. Venne inoltre lanciato un massiccio programma di Quantitative Easing per acquistare 700 miliardi di dollari di titoli di stato e obbligazioni garantite da mutui. Le banche centrali, da poco uscite da anni di politica espansiva per la crisi dei debiti sovrani, si trovarono a fronteggiare una crisi ancora più grave.

Il 27 marzo negli Stati Uniti quasi 3,3 milioni di lavoratori fecero richiesta di sussidi di disoccupazione, cinque volte più del precedente massimo storico di 695.000 risalente all’ottobre del 1982. Il Congresso e la Casa Bianca vararono un piano da duemila miliardi di dollari per soccorrere l’attività economica.

Il ruolo degli asintomatici

Su Science fu pubblicato uno studio della Columbia University di New York che sottolineava il ruolo degli asintomatici nella diffusione del virus. L’Oms fino a quel momento non lo aveva considerato un problema, mentre la scoperta di un’ampia percentuale di asintomatici tra i contagiati rese più importante l’utilizzo delle mascherine per bloccare il contagio e di test diffusi, non solo a chi ha sintomi.

Il decreto “cura Italia”

Il 17 marzo entrò in vigore il decreto “cura Italia” varato dal governo, che prevedeva una prima misura (25 miliardi di euro) di sostengo economico al paese in seguito all’emergenza sanitaria. Il decreto legge ottenne l’approvazione definitiva del Parlamento il 24 aprile.

Tra le misure principali si prevedevano:

  • estensione della cassa integrazione in deroga per le imprese;
  • divieto di licenziamento per “giustificato motivo oggettivo”;
  • possibilità di richiedere il congedo parentale;
  • introduzione del “bonus baby sitter”;
  • erogazione di 600 euro per il mese di marzo (saranno 800 ad aprile) per le partite Iva che dimostrino un danno economico rilevante in seguito al lockdown;
  • possibilità di sospensione del pagamento delle rate del mutuo.

Christine Lagarde e la BCE

Il 19 marzo in un Consiglio direttivo notturno, la Bce lanciò un nuovo programma di acquisto di attività da 750 miliardi per l’emergenza del coronavirus. Christine Lagarde, presidente della BCE dal 1º novembre 2019, dichiarò: “Nessun limite nel nostro impegno per l’euro”, mentre pochi giorni prima aveva preoccupato i mercati, e l’Italia in particolare, dicendo che “non è compito della Bce ridurre gli spread”. Il 20 marzo la Commissione europea ha sospeso il patto di stabilità, per permettere ai governi di “pompare nel sistema denaro finché serve“. Una sospensione temporanea, ma di notevole importanza. Venivano sospesi non solo il limite invalicabile del 3% di deficit-Pil e il 60% nel rapporto debito-Pil, ma soprattutto gli obblighi di riduzione annua del deficit strutturale.

Un nuovo Dpcm

Il 22 marzo le misure del Governo divennero più stringenti: con un nuovo Dpcm, il governo sospese gran parte delle attività produttive e vietò ai cittadini di spostarsi in un “comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano”. Due giorni prima erano stati chiusi i parchi e vietate le attività motorie e sportive, se non nei pressi della propria abitazione. In tutte le città italiane, strade e piazze si svuotarono.

Il rinvio di eventi sportivi

Il 24 marzo, dopo giorni di esitazione, il premier giapponese Shinzo Abe e il CIO annunciarono il rinvio di un anno delle Olimpiadi di Tokyo 2020. La stessa sorte era toccata, la settimana prima, agli Europei di calcio. Fu poi la volta di Wimbledon, del Giro d’Italia, degli Europei di atletica e di molte altre manifestazioni sportive.

Il Papa in Piazza San Pietro

Il 27 marzo, in una piazza San Pietro vuota e sferzata da una pioggia battente, Papa Francesco pregò per l’umanità colpita dalla pandemia.

Viktor Orbàn

Il 31 marzo l’Ungheria approvò un pacchetto di misure anti-coronavirus che consegnava pieni poteri a Viktor Orbàn: tra queste misure figuravano la sospensione immediata delle elezioni, la possibilità di legiferare per decreto senza l’approvazione del parlamento e la punizione con il carcere per chi fa disinformazione sull’epidemia o sul governo.

[Aprile 2020]

La curva inizia a scendere

Il 5 aprile per la prima volta, in Italia si registrò un calo del numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva: -79, per un totale di 3994. L’8 aprile, dopo 76 giorni terminò formalmente il lockdown a Wuhan, epicentro della pandemia in Cina (era iniziato il 23 gennaio).

I provvedimenti a favore delle imprese

Il 7 aprile il governo varò una serie di interventi economici con l’obiettivo di garantire liquidità alle imprese colpite dall’emergenza. Il decreto-legge varato dal Governo introduceva misure urgenti in materia di accesso al credito e il rinvio di adempimenti per le imprese. Le misure prevedevano garanzie da parte dello Stato per un totale circa di 200 miliardi di euro concesse attraverso la società SACE Simest, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, in favore di banche che effettuassero finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma.

La garanzia statale copriva tra il 70% e il 90% dell’importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell’impresa, ed era subordinata a una serie di condizioni tra le quali l’impossibilità di distribuzione dei dividendi da parte dell’impresa beneficiaria per i successivi dodici mesi e la destinazione del finanziamento per sostenere spese ad attività produttive localizzate in Italia.

Alle piccole e medie imprese, anche individuali o partite Iva, erano riservati 30 miliardi e l’accesso alla garanzia rilasciata da SACE, gratuito ma subordinato alla condizione che le stesse abbiano esaurito la loro capacità di utilizzo del credito rilasciato dal Fondo Centrale di Garanzia.

Era poi previsto il rinvio di adempimenti fiscali e tributari da parte di lavoratori e imprese. In particolare, venivano sospesi i versamenti di Iva, ritenute e contributi per i mesi di aprile e maggio, in aggiunta alle misure precedentemente adottate. Il decreto aggiungeva 400miliardi ai 350 già stanziati dal Cura Italia.

La guarigione di Boris Johnson e la morte di Sepùlveda

Il 12 aprile, dopo sette giorni di ricovero di cui quattro in terapia intensiva, il premier inglese Boris Johnson fu dimesso dall’ospedale dove era ricoverato, mentre nel paese si diffondeva la pandemia. In un video pubblicato su Twitter Johnson dichiarò: ”È difficile trovare le parole per esprimere il debito che provo nei confronti del Sistema sanitario nazionale per avermi salvato la vita“.

Il 16 aprile morì a 70 anni Luis Sepùlveda, maestro cileno della letteratura, ricoverato in gravi condizioni dopo avere contratto il Covid-19.

Trump tra “reopen” e disinfettante

Il 21 aprile al grido di “reopen”, in tutti gli Stati Uniti piccoli gruppi di manifestanti conservatori scesero in piazza per protestare contro le misure di lockdown e chiedere l’annullamento immediato delle restrizioni. I manifestanti, spesso armati, ricevettero l’appoggio del Presidente americano Donald Trump. Il 24 aprile Trump, durante una riunione con la sua task force anti-coronavirus, definì “interessante” l’opzione di “iniettare disinfettante” nei pazienti affetti da Covid-19. L’affermazione suscitò sdegno nella comunità medico-scientifica e polemiche, tanto che poi il presidente dichiarò che era una “proposta sarcastica”. Intanto, il 29 aprile negli Stati Uniti si registrava un milione di contagi da coronavirus e il numero di vittime superava quello della guerra del Vietnam.

La “fase due”

Per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, il 20 aprile l’Italia registrò una diminuzione nel numero dei positivi: 20 in meno del giorno precedente, per un totale di 108.237. Continuò inoltre il calo di ricoveri e terapie intensive. Così, il 26 aprile il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciò l’attenuazione del lockdown, con l’avvio della “fase due”, che sarebbe entrata in vigore dal 4 maggio. Le misure prevedevano il ritorno al lavoro di 4 milioni di italiani e consentirono le visite ai familiari nell’ambito della stessa regione.

[Maggio 2020]

Virus cinese

Il 3 maggio il segretario di stato americano Mike Pompeo in un’intervista televisiva accusò la Cina di avere fabbricato il virus in laboratorio, pur senza portare alcuna prova a sostegno della tesi. I rapporti tra USA e Cina si fecero sempre più tesi.

Fine del lockdown

Il 4 maggio in Italia iniziò la “Fase 2”, caratterizzata dal ritorno al lavoro in alcuni settori produttivi e dalla possibilità di incontrare i “congiunti”. Il 18 maggio iniziò poi una nuova fase di riaperture che segnò, di fatto, la fine del lockdown. Riaprirono molte filiere produttive, i parrucchieri e i ristoranti pur con l’obbligo di adottare adeguate misure precauzionali, quali la distanza, l’uso della mascherina, la prenotazione obbligatoria. Divenne possibile incontrare persone al di fuori del proprio nucleo familiare o affettivo. Inoltre, per spostarsi all’interno della stessa regione non era più necessaria l’autocertificazione. Fu mantenuto l’obbligo di mantenere la distanza di almeno 1 metro e di indossare la mascherina, in alcune regioni anche all’aperto.

Il decreto rilancio

Il nuovo coronavirus ha messo in ginocchio l’economia mondiale, nonostante le misure di sostegno messe in atto dai governi. Anche il Governo italiano ha adottato, a più riprese, provvedimenti a sostegno dei settori più colpiti dalla crisi. Il 19 maggio 2020 fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto-Legge n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Il “decreto rilancio” è stato un corposo intervento economico (55 miliardi, come almeno due manovre finanziarie ordinarie) che introduceva nuove misure e ne estendeva altre già in precedenza approvate.

Un primo bilancio

Malgrado le reiterate avvisaglie e gli avvertimenti degli scienziati il mondo è stato colto impreparato al diffondersi della pandemia. Fino a marzo 2020 la stragrande maggioranza dei contagi e delle vittime ha interessato la Cina. Poi il coronavirus è diventato un’emergenza mondiale, pur con rilevanti differenze tra Stati, regioni e città, invadendo tutti i continenti in progressione continua. La gestione politica dell’emergenza ha mostrato mancanza di coordinamento, conflitti tra i centri di potere nazionali e periferici, spesso superficialità, improntitudine e spacconeria.

I sistemi sanitari hanno mostrato una grave fragilità, anche nei paesi più ricchi e sviluppati, dove sono emerse gravi carenze non solo nelle strutture per la cura e l’assistenza ma soprattutto nelle attività di prevenzione. Gravi deficit si sono manifestati nella difesa delle parti più esposte e fragili della popolazione. La pandemia ha messo in evidenza le misere condizioni abitative dei lavoratori immigrati, le disparità nell’accesso alle cure mediche degli stati più poveri e delle minoranze etniche, fino alle disastrose condizioni sanitarie nei paesi del Sud del mondo.

Per contenere la pandemia molti Stati hanno fatto ricorso a misure restrittive di rigore ed estensione quanto mai varie, sottoponendo globalmente milioni di persone a confinamenti su scala mai vista. La Cina, epicentro iniziale della pandemia, accusata per il ritardo con il quale ha avvertito il mondo del pericolo, può vantare di aver confinato con misure draconiane l’epidemia alla provincia dell’Hubei.

Gli studi epidemiologici che cercano di quantificare la reale circolazione del virus, ancora parziali e insufficienti, indicano che più di 50 milioni di persone sono state contagiate, pur senza riportare, in gran parte, danni seri. Molti non hanno però potuto accedere a un’assistenza medica adeguata e probabilmente il numero di morti è notevolmente sottostimato. Inoltre, la maggior parte della popolazione non è ancora entrata in contatto con il virus e la cosiddetta “immunità di comunità” è lontana, richiedendo almeno il 70% di positivi. Tra l’altro non è ancora chiaro quanto efficace sia l’immunità acquisita tramite l’infezione naturale e, soprattutto, quanto duri nel tempo. Il Covid-19 ha dunque davanti a sé ancora un vasto territorio di espansione, come dimostra l’avvento della temuta (da alcuni) seconda ondata epidemica.

[ottobre-novembre 2020]

La “seconda ondata”

Le restrizioni hanno rallentato la diffusione del virus fino a far ritenere passata la tempesta, ma al loro allentamento i contagi hanno ripreso a crescere, con la riaccensione di focolai sempre più numerosi, che rapidamente si sono tradotti in una trasmissione diffusa, estesa anche ad aree prima meno toccate, come l’Est Europa e l’Italia meridionale. Così, la pandemia è in progressione in gran parte del mondo, con una forte accelerazione negli Stati Uniti e in Europa. La tregua estiva non è stata sufficientemente utilizzata per colmare le lacune dei sistemi di assistenza e prevenzione ereditate dal passato e i sistemi sanitari si trovano ora nuovamente impreparati ad affrontare il ripresentarsi della pandemia.

Un rapido tracciamento dei contatti di ogni nuovo caso confermato, seguito dalle misure di quarantena (secondo l’ECDC – European Centre for Disease Prevention and Control), è fondamentale per interrompere la catena di trasmissione del virus. La strategia del “tracciare e testare” ha dimostrato la sua efficacia in alcuni paesi asiatici ed è la più efficace per prevenire la risalita dei casi. Ma tracciare e testare tempestivamente una trasmissione diffusa anziché un numero contenuto di focolai sottopone a sovraccarico i servizi di prevenzione. Nei paesi più investiti dalla “seconda ondata” si segnalano lacune, sofferenze e lunghe liste di attesa, tanto che il sistema di tracciamento può dirsi fallito e il carico di lavoro che grava sui servizi sanitari è divenuto insostenibile.

Negli Stati Uniti, nella sola giornata del 10 novembre i nuovi casi positivi hanno superato i 140mila e 65.368 persone sono state ricoverate. In Europa, dove i contagiati superano ormai i 15 milioni, con oltre 300.000 morti, diversi paesi hanno adottato nuove misure di contenimento per limitare il numero dei contagi e ridurre la pressione della Covid-19 sul sistema sanitario. La politica della maggior parte dei governi europei è stata questa volta finalizzata a evitare un lockdown totale, adottando invece misure mirate ad alcuni ambiti “critici” e differenziate in base alla gravità della situazione nelle diverse realtà regionali. Questa è stata anche la politica del governo italiano.

>> Un mondo diviso dai vaccini e le altre notizie sul virus 

Nel suo discorso alla prima sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite sulla pandemia di covid-19, che si è tenuta il 3 dicembre, il segretario generale António Guterres ha avvertito che il mondo potrebbe fare i conti con le conseguenze della pandemia per decenni, anche se presto saranno introdotti dei vaccini. Durante il vertice, che si è svolto online, Guterres ha ricordato che l’impatto economico e sociale del covid-19 “è enorme e in aumento” e che il vaccino non può essere considerato una panacea in grado di risolvere i danni della pandemia globale. “A quasi un anno dall’inizio della pandemia, siamo di fronte a una tragedia umana e a un’emergenza umanitaria e legata alla salute pubblica e allo sviluppo”, ha detto il segretario generale, facendo riferimento all’aumento della povertà, al rischio di carestia e alla prospettiva della “più grande recessione globale in ottant’anni”. (Internazionale, 4 dicembre 2020)

>> Le nuove restrizioni di Natale

Il 3 dicembre il premier italiano Giuseppe Conte in una conferenza stampa ha presentato il nuovo decreto del presidente del consiglio dei ministri (dpcm) che sarà in vigore dal 4 dicembre al 15 gennaio 2021. “Stiamo evitando un lockdowngeneralizzato come quello di primavera, questi risultati ci confortano, ma non possiamo permetterci di abbassare la guardia per le festività natalizie perché ci aspettiamo una terza ondata già a gennaio”, ha detto Conte. Ecco le misure annunciate. (Internazionale, 3 dicembre 2020)

Zone rosse, arancioni e gialle

In Italia il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha varato un nuovo decreto per arginare l’epidemia tra il 3 e il 4 novembre, in seguito ad accordi con i governatori delle regioni. Il dpcm è entrato in vigore dal 6 novembre.

Il decreto prevede l’individuazione di tre diverse aree di rischio, individuate sulla base di 21 parametri. Alle aree gialle, quelle dove l’epidemia è meno diffusa, seguono le aree arancioni, ad alto rischio, dove sono previste restrizioni aggiuntive, mentre nelle aree rosse a rischio grave, si prevede un lockdown, anche se meno rigido di quello di marzo.

Il 4 novembre il governo ha assegnato ogni regione a una delle tre aree:

  • Area gialla: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria,Toscana, Molise, Marche, Sardegna e Friuli Venezia Giulia, Veneto e le provincie di Trento e Bolzano.
  • Area rossa: Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta;
  • Area arancione: Puglia e Sicilia;

Le misure restrittive nelle tre aree

Area gialla

  • Obbligo di mascherina anche all’aperto, a eccezione dei bambini sotto ai sei anni, di chi svolge attività sportiva e di chi ha patologie che non si conciliano con l’uso della mascherina.
  • Obbligo di tenere la distanza di sicurezza.
  • I negozi devono esporre un cartello indicando il numero massimo di persone che possono entrare contemporaneamente.
  • Gli amministratori locali possono chiudere strade o piazze in cui c’è il rischio che si creino assembramenti.
  • Vietato circolare dalle ore 22 alle ore 5 del mattino, salvo comprovati motivi di lavoro, necessità e salute. Raccomandazione di non spostarsi se non per motivi di salute, lavoro, studio, situazioni di necessità. Per spostarsi in quegli orari bisognerà fare un’autocertificazione.
  • Chiusura dei centri commerciali nei giorni festivi e prefestivi ad eccezione delle farmacie, parafarmacie, punti vendita di generi alimentari, tabaccherie ed edicole al loro interno.
  • Chiusi i cinema, i teatri, le sale scommesse, le sale da gioco, bingo e slot machine (anche nei bar e tabaccherie), le discoteche, le sale da ballo, le sale da concerto, le palestre, le piscine, i parchi tematici, le terme, i centri benessere, gli impianti sciistici, i musei e le mostre.
  • Sospesi i convegni, i congressi e altri eventi. L’accesso ai luoghi di culto deve avvenire in modo da evitare assembramenti.
  • Didattica a distanza per le scuole superiori, fatta eccezione per gli studenti con disabilità e in caso di uso di laboratori; didattica in presenza per scuole dell’infanzia, scuole elementari e scuole medie. Chiuse le università, salvo alcune attività per le matricole e per i laboratori.
  • Riduzione fino al 50% per il trasporto pubblico, ad eccezione dei mezzi di trasporto scolastico.
  • Chiusura di bar e ristoranti alle ore 18. L’asporto è consentito fino alle ore 22. Per la consegna a domicilio non ci sono restrizioni. Restano aperti gli autogrill e i servizi di ristorazione di stazioni e aeroporti.
  • Gli accompagnatori non potranno sostare nelle sale d’attesa dei pronto soccorso. Sarà limitato l’accesso dei parenti e dei visitatori nelle residenze per anziani e negli hospice.

Area arancione

Nell’area arancione si aggiungono:

  • Divieto di spostamenti in entrata e in uscita da una Regione all’altra e da un Comune all’altro, salvo comprovati motivi di lavoro, studio, salute, necessità. Raccomandazione di evitare spostamenti non necessari nel corso della giornata all’interno del proprio Comune.
  • Chiusura di bar e ristoranti, 7 giorni su 7. L’asporto è consentito fino alle ore 22. Per la consegna a domicilio non ci sono restrizioni.

Area rossa

Nell’area rossa si aggiungono:

  • Divieto di ogni spostamento, anche all’interno del proprio Comune, in qualsiasi orario, salvo che per motivi di lavoro, necessità e salute; vietati gli spostamenti da una Regione all’altra e da un Comune all’altro.
  • Chiusi i centri estetici.
  • Didattica a distanza per la scuola secondaria di secondo grado, per le classi di seconda e terza media. Restano aperte, quindi, solo le scuole dell’infanzia, le scuole elementari e la prima media. Chiuse le università, salvo specifiche eccezioni.
  • Sono sospese tutte le competizioni sportive salvo quelle riconosciute di interesse nazionale dal CONI e CIP. Sospese le attività nei centri sportivi.
  • È consentito svolgere attività motoria nei pressi della propria abitazione e attività sportiva solo all’aperto in forma individuale.
  • Chiusura dei negozi, fatta eccezione per supermercati, beni alimentari e di necessità.

La nuova mappa d’Italia

In base all’analisi dei dati epidemiologici e agli scenari di rischio certificati dall’Istituto superiore di sanità,  il Ministro Roberto Speranza, sentiti i Presidenti delle Regioni interessate, ha successivamente firmato l’Ordinanza 13 novembre 2020 che ridefinisce la collocazione delle Regioni nelle tre aree.

Sulla base dell’ordinanza:

  • entrano nell’area arancione le Regioni Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana, Umbria
  • entra nell’area rossa la Provincia Autonoma di Bolzano.

La nuova ripartizione delle Regioni nelle diverse aree è la seguente:

  • Zona gialla: Lazio, Molise, Provincia autonoma di Trento, Sardegna, Veneto
  • Zona arancione: Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Puglia, Sicilia, Umbria
  • Zona rossa: Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Calabria, provincia autonoma di Bolzano, Toscana, Campania

Le misure previste dall’Ordinanza sono entrate in vigore domenica 15 novembre 2020.

I dati della pandemia (novembre 2020)

In novembre, nonostante le misure adottate nei diversi paesi, sono stati superati i 50 milioni di contagiati ed è stato abbondantemente superato il milione di morti

In data 17 novembre L’OMS ha fornito i seguenti dati:

Globale

(Ultimi dati OMS. Fonte: Health Emergency Dashboard, 17 Novembre ore 10.08 am)

  • 54.558.120 casi confermati nel mondo dall’inizio della pandemia
  • 1.320.148 morti

Regioni OMS 

Europa

(Ultimi dati OMS, inclusa Italia, fonte Dashboard Who European Region, 16 Novembre ore 10.00 am)

  • 15.302.745 casi confermati
  • 344.792 morti

(Ultimi dati, inclusa Italia, fonte Dashboard ECDC, 16 Novembre 2020)

  • Francia casi confermati 1.981.827 morti 44.548
  • Spagna casi confermati 1.458.591 morti 40.769
  • Regno unito casi confermati 1.369.318 morti 51.934
  • Italia casi confermati 1.178.529 morti 45.229
  • Germania casi confermati 801.327 morti 12.547

America

(Ultimi dati OMS. Fonte: Health Emergency Dashboard, 17 Novembre ore 10.08 am)

  • 23.371.968 casi confermati
  • 680.843 morti

Sud Est Asiatico

  • 10.094.817 casi confermati
  • 155.024 morti

Mediterraneo orientale

  • 3.611.671 casi confermati
  • 91.794 morti

Africa

  • 1.404.954 casi confermati
  • 31.554 morti

Pacifico Occidentale

  • 807.579 casi confermati
  • 16.461 morti

Dati in aggiornamento sui seguenti siti:

https://gisanddata.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/bda7594740fd40299423467b48e9ecf6

https://coronavirus.jhu.edu/map.html

https://lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/

https://covid19.who.int

http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5338&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto

 

 

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